XXIX Domenica Anno C

 
 

don Luciano Condina commenta il Vangelo di Lc 18,11-19

Non stanchiamoci mai di pregare il Signore

Questa domenica incontriamo un tema fondamentale della vita cristiana: la preghiera incessante. Da notare che il testo comincia parlando di preghiera e termina parlando di fede, sottolineando una circolarità: per pregare bisogna credere, ma per credere bisogna pregare.

Come si fa a pregare senza stancarsi, senza annoiarsi, senza avere la voglia di tirare un po’ il fiato? Lo vediamo nella vedova: non ha nessuno che possa occuparsi di lei ed era proprio ai margini nella scala sociale; spesso le vedove diventavano mendicanti.

La donna si reca da un giudice di animo cattivo, a cui non interessa agire bene, ma è costretto a farlo pur di non sentire più la petulanza della vedova, che continua a importunarlo, senza recedere. Come mai? Perché l’aiuto è per lei vitale: il punto della parabola è tutto qui. È una questione di vita o di morte.

Chi è dunque che grida giorno e notte? Chi ha capito che è vitale avere un rapporto con Dio. Purtroppo è molto comune non sentire tutta questa urgenza. Ma necessario significa che “senza non vivo”, ossia appartiene alle mie urgenze esistenziali. La forza della vedova è che ha visto chi è l’avversario, ha capito quale fosse la battaglia da portare avanti, ha compreso la rilevanza di lottare per la propria vita; ha capito che lasciando andare così le cose, senza insistere, se il giudice non farà giustizia l’avversario se la mangerà.

Chi smette di pregare è come uno che smette di correre perché si è dimenticato della tigre dietro che lo insegue. Tante volte conviviamo con delle cose pericolosissime per noi. Il problema è che abbiamo un avversario – in ebraico si traduce satan – pronto a metterci in pericolo. Quando siamo angosciati da qualcosa che ci minaccia seriamente allora, normalmente, preghiamo.

La cosa strana, però, non è pregare quando siamo in condizioni di necessità – che dovrebbe essere la cosa più naturale da fare – bensì il problema grosso è credere che possiamo vivere dei momenti senza avere necessità di pregare! È pensare di sussistere da soli, in piedi, solo con le nostre forze. Questo è il grave inganno della nostra cultura che parla all’uomo della sua autosufficienza.

L’intelligenza, i sentimenti, le energie, diventano sufficienti se il bersaglio è piccolo, come tirare a campare e riuscire a fare delle vacanze dignitose ogni tanto. Ma siamo chiamati a ben altro che questo, la nostra verità è immensamente altro: siamo chiamati a far brillare l’immagine di Dio che è impressa nel profondo di noi stessi; siamo chiamati alla grandezza, alla bellezza, all’amore, alla creatività perché, alla fine della nostra vita, conterà se abbiamo amato veramente qualcuno, se gli abbiamo dato anche più di quanto dovessimo, se siamo andati oltre la giustizia.

Conterà solo se abbiamo amato.

Se questa è la giusta e unica chiave di lettura, noi stessi allora abbiamo un’enorme necessità di pregare. Somigliare a Gesù Cristo non è un optional, ma una questione di vita o di morte: non entrare nel sublime è un fallimento; non entrare nella bellezza è uno spreco della grandezza della propria vita.

Allora abbiamo un bisogno disperato di pregare. abbiamo bisogno, ogni mattina, di pregare seriamente, metterci davanti a Dio, perché la grandezza non la raggiungeremo mai da soli. Abbiamo bisogno, ogni sera, di riconsegnargli la nostra vita. Abbiamo bisogno in ogni istante di dialogare con Lui e di non stancarci perché è troppo bello ciò che gli chiediamo.