XIII Domenica Tempo Ordinario Anno C

Lc 9,51-62.
 
 
Lc 9,51-62.

don Luciano Condina commenta il Vangelo di Lc 9,51-62

Gesù colonna portante della nostra vita

Il brano illumina pienamente il significato del seguire Cristo e dell’essere cristiani. Le tre domande poste dagli aspiranti discepoli chiariscono bene quale debba essere la conformazione dell’apostolato. Al primo che dice: «Ti seguirò dovunque tu vada» (v. 57),  Gesù risponde: «Le volpi hanno le loro tane, gli uccelli del cielo i loro nidi ma il figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» (9,58).

Gesù si presenta come un uomo senza tane, senza nidi; seguirlo significa rinunciare alle tane, non essere una persona che ha una zona propria rispetto alla vita che ha con gli altri. Non ha un suo spazio, non è uno che difende il suo diritto a starsene per i fatti propri; non è un padre assente che ha bisogno dei suoi “spazi”; non vive la sua missione a orario limitato. Si presenta come nomade: la condizione di colui che ha fede. È privo di quell’istinto di “tanificazione” molto forte nelle persone, che si manifesta ad esempio  in treno quando si prende posto nell’angolino; oppure quando si occupa un nuovo ufficio e si segna lo spazio con  ninnoli  e oggetti vari. Segniamo il territorio, come gli animali, invece siamo chiamati alla dimensione libera che è prerogativa dei figli di Dio.

Seguire Gesù significa accettare che non esiste un “dove”, un posto dove si può dire di essere arrivati e si può smettere di combattere. È invece vivere un’esistenza dinamica, mossa dallo Spirito: non si sa da dove venga e dove vada.

Più impressionante e inquietante la risposta al secondo uomo che ha l’esigenza di «andare prima a seppellire il padre»: antepone qualcosa a ciò che Dio invita a fare.

Ci potrà mai essere qualcosa di più importante da fare prima di seguire la volontà di Dio?

Buon senso vuole che seppellire il padre sia un’opera necessaria. Ma il testo non dice chiaramente che il padre sia già morto; forse sta morendo, forse gli resta poco tempo da vivere; pochi giorni o pochi mesi. Il fatto è che noi aspettiamo di risolvere i nostri problemi prima di metterci a fare la volontà di Dio; metafora del fatto che Gesù è diretto a Gerusalemme: puntare a Gerusalemme è il paradigma biblico della volontà di Dio da mettere in atto.

Tantissimi, prima di “andare a Gerusalemme”, pensano di risolvere i loro problemi: «poi mi sposerò”, “poi potrò seguire il Signore”, “poi potrò aiutare qualcuno”… Così facendo non si finisce mai di seppellire il padre, perché non si chiuderà mai il contenzioso che ognuno si porta dentro con la propria vita e le proprie origini.

Dobbiamo accettare di lasciare irrisolti alcuni problemi della nostra esistenza e metterci dentro le cose che dobbiamo veramente fare. Lasciare che i morti seppelliscano i morti è una frase illuminante sulla dinamica del bene, perché non si può abbracciare il bene pretendendo di aver sistemato e risolto tutto.

Il terzo uomo risponde: «Ti seguirò Signore, ma prima lascia che mi congedi da quelli di casa mia» (9,61): quest’uomo chiede di poter mantenere un buon rapporto con chi dovrà abbandonare. Seguire Cristo significa accettare il disaccordo con chi lasci e preventivarne la delusione. Lo sanno bene i tanti consacrati che hanno dovuto deludere i genitori, i quali sognavano ben altro per loro. È impossibile essere veramente cristiani senza frustrare certe relazioni mondane, superficiali, non salvifiche.

Si tratta, invece, di andare dritti verso la meta e buttarsi il passato alle spalle.