L’amore ha un nome – VII domenica tempo ordinario

 
 

La sorgente dell’amore
Le canzoni mandate in onda nei giorni scorsi dal festival di Sanremo, hanno fatto risuonare una parola ritmicamente ripetuta: amore. Cambiando canale, la pubblicità televisiva presenta gente felice che si ama mangiando la nutella o bevendo il cynar; ma, subito dopo, giungono notizie di rapporti familiari feriti da una forma di violenza che si consuma tra le pareti domestiche: omicidi, separazioni, soppressione della vita umana, frutto di un disagio vissuto nel silenzio, che alla fine “scoppia” in drammi agghiaccianti. Anche sul web la parola “amore” viene ribadita a iosa da tanti giovani, come un’eco senza fine.
C’è sete di amore nella nostra società; ma nel desiderio di bere alla sua fonte sembrano svilupparsi sempre più l’aggressività, il sospetto, il litigio, la violenza. Certamente la radice di tutto questo palese, diffuso disagio sta nel fatto che si è smarrita la via che conduce alla gioia dell’amore donato e ricevuto. Dio è amore; è Lui la sola sorgente che può e deve alimentare le relazioni umane. Quando la sua presenza viene oscurata, entra in gioco la legge della giungla, nota come «l’uomo è lupo per l’uomo», affermazione di un infelice pensatore.

Una proposta sconvolgente
Oggi Gesù torna a offrirci la bussola per ritrovare la via dell’amore vero, che è Lui stesso. Non più la legge del taglione, che segue percorsi di giustizia umana con la vendetta trasversale, come ancora oggi si ripete un po’ a tutti i livelli. Il discepolo è chiamato a fare un salto di qualità per ridare visibilità alla legge dell’amore: «Avete inteso che fu detto… ma io vi dico…»; «Amate i vostri nemici e fate del bene a coloro che vi odiano». La giustizia del Regno, inchiodata all’ «occhio per occhio, dente per dente», diventa, con Cristo, esigenza evangelica di una giustizia più grande, che risponde al male con il bene, qualunque sia il torto ricevuto. La guancia offerta al violento, il mantello ceduto a chi lo chiede, la strada condivisa con il malvagio possono cambiare la qualità della vita, la sua direzione. Non si può pensare di essere buoni cristiani perché si amano coloro che ci amano. Gesù dice che questo è possibile anche a coloro che non hanno fede e propone un ideale di perfezione molto grande, di cui Egli stesso è l’esempio più lampante, morendo in croce per la salvezza del mondo, perdonando i suoi uccisori e seminando perdono nei cuori inquinati dall’odio.

Costruire la civiltà dell’ amore
Dio ama ogni persona a tal punto da consegnare alla morte suo Figlio. Amati da Dio, siamo chiamati a diffondere l’amore. «Voi, dunque, siate perfetti com’è perfetto il Padre vostro celeste». La perfezione ha proprio questo fondamento e sollecita il cristiano ad amare in risposta all’amore del Padre e, insieme, l’impegno di rendersi amabile per accogliere il perdono e l’amicizia come dono. Ciò richiede di tenere sempre aperta la porta del cuore per la pacificazione con il “nemico”, non disposto a gesti di riconciliazione. Oggi, Gesù chiede di superare il rischio di una mentalità mondana intrisa di ostilità e di vendetta, per vivere concretamente il grande comandamento e per contribuire a costruire la civiltà dell’ amore: «Non amiamo a parole, né con la lingua ma con i fatti e in verità» (1Gv 3, 18 ). Esortazione chiarissima.