Esultanze antiche e moderne

 
 

a cura di Mons. Alberto Albertazzi

alberipazzi@gmail.com

Il salmo 121 inizia con sobbalzi gioiosi:

Quale gioia quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore».

Si nota lo sforzo del traduttore italiano (CEI 2008 e altri) di enfatizzare la gioia di quella passeggiata, difficilmente rintracciabile nell’apatia della lingua ebraica (1). In quella antica cultura il progetto di raggiungere scarpinando la casa del Signore, ossia il tempio di Gerusalemme, poteva essere, per molti se non per tutti, motivo di un’esultanza incontenibile, fino far sobbalzare (2). In ogni caso una gioia ben motivata, soprattutto se avvertita con la mentalità dell’epoca che riteneva Dio presente nel tempio più che altrove. Ancor più sfavillante quella gioia, se si fosse trattato del ritorno a Gerusalemme dopo l’editto di Ciro del 538 aC, che consentiva agli Ebrei il ritorno in patria dopo cinquant’anni circa di esilio.

Oggi quel salmo potrebbe essere così rimodulato:

Quale gioia quando mi dissero:
«le olimpiadi invernali 2026
sono state assegnate all’Italia».

Apro una parentesi. Dall’inizio del corrente anno su questo foglio vado avanti coi salmi. Forse ho stufato un po’. Me ne sono accorto perché i fogli posizionati in chiesa sono stati raccattati con maggior parsimonia, soprattutto gli ultimi. Reputo pertanto conveniente una deviazione su temi di attualità. Chiusa parentesi.

Eccomi allora a ragionare delle Olimpiadi invernali italiane del 2026. Non entro in questioni tecnico-organizzative perché è ovvio che non compete a me, ma ho voglia di fare alcune considerazioni sulla spropositata esultanza nazionale che hanno provocato. Ma premetto una precisazione.

Non so quanto l’esultanza mediatica che abbiamo visto sia condivisa dalla cittadinanza italiana nel suo complesso. Andando in giro per le strade non ho visto nulla che fosse fuori dalla normalità quotidiana. Probabilmente si tratta di una montatura mediatica. I media infatti ci propinano lutti sportivi in caso di sconfitte nazionali, e apoteosi in caso di vittorie. Nel caso in questione non vedo la vittoria: semplicemente l’Italia è stata preferita all’algida Svezia, come sede delle futuribili Olimpiadi invernali. Ma la Svezia è ancora in tempo a vincere le Olimpiadi, prendendosi in tal modo una rivincita. Insomma è un po’ come esultare per avere piazzato la trappola per il topo senza ancora avere preso il topo!

I media hanno enfatizzato l’evento con una retorica fragorosa: i telegiornali hanno dato l’evento come prima notizia, menandola alquanto per le lunghe. E’ andata poi a finire in prima pagina di tutti i quotidiani, aggiungendovi doppio paginone interno, scintillante di tripudio fotografico: si sono viste personalità di ogni livello ed estrazione in atteggiamento fra il danzante e il pirotecnico. Il tutto per un evento che dovrà farsi nel 2026 (in lettere: duemilaventisei!) ossia fra sette anni. Voglio essere benevolo: forse tanto travolgente entusiasmo perché nelle Olimpiadi 2026 si intravede un’opportunità per l’Italia, ora molto arretrata nella classifica globale europea, di risalire la china. Ma dal 2019 al 2026 passano sette anni, che potrebbero consentire all’Italia di rimettersi in sesto anche senza le Olimpiadi. Si vedrà.

Ciò che meraviglia è lo slancio adolescenziale con cui si mette il carro davanti ai buoi. Da qui al 2026 può capitare di tutto: questo lo sappiamo per qualsiasi evento futuro. Il che non vuole dire che le Olimpiadi non debbano essere programmate già da ora, perché il carrozzone organizzativo è mastodontico. Torno a dire che non riesco a spiegarmi questa alluvione di entusiasmo su tempi così lunghi. Ma alcuni segnali problematizzanti si possono già mettere in conto. Ne individuo due:

  1. Se è vero quello che l’odierno terrorismo ambiental-mediatico ci sta dicendo con solennità dogmatica, siamo sicuri che nel 2026 ci sia ancora neve su monti di modica altezza e a media latitudine geografica come sono le Dolomiti (Cortina)? Qualora non ci fosse, ci saranno mezzi e acqua per sparare neve artificiale? Non c’è il rischio che le Olimpiadi invernali si risolvano in una montana e monotona maratona in stile jogging?
  2. Chi è sicuro di essere ancora in vita nel 2026? Questa domanda ovvia e scontatissima è nella logica del “non fare i conti senza l’Oste (3)”. La morte è l’ultima cosa cui pensano i viventi, ed è certamente l’ultimo evento della vita, ma bisogna pensarci in anticipo.

Facciamo ora il punto sulla situazione. Posso capire la soddisfazione per avere altre Olimpiadi invernali solo vent’anni dopo quelle di Torino: in fondo è un implicito riconoscimento del fascino italico. Non capisco invece lo sciabordante entusiasmo, da vittoria anticipata, con cui la notizia è stata propinata e celebrata (4). A freddo (5), per le ragioni sopra esposte, più che entusiasmo mi sembra doveroso l’impensierimento. Anche per un altro motivo, che ora spiego. La sopravvalutazione dello sport, che originariamente era attività ludica. Ma ormai quest’attività è incapsulata in antipatici contorni che ne hanno fatto una professione super-retribuita (6), un’industria, un commercio. E le varie tifoserie si incattiviscono fino a mettere a soqquadro città, facendoci talora anche scappare il morto. E certi sconfitti cadono in deperimento psichico e organico. E siamo all’idolatria dello sport e degli sportivi di qualità o ritenuti tali.

Per tutto questo proferisco rallegrarmi perché «andiamo nella casa del Signore». Sono partito con un salmo, ho ficcato dentro le Olimpiadi 2026, e ora concludo tornando al salmo di inizio, la cui esultanza non sta soltanto nel versetto citato, ma si spalma su tutto il suo peraltro breve percorso letterario, con degli acuti che non esito a definire sovrumani. Lo spazio che rimane su questo foglio mi consente di citarne uno solo:

E’ là [a Gerusalemme] che salgono le tribù,
le tribù del Signore,
secondo la legge d’Israele,
per lodare il nome del Signore.

La tonalità israelita di questa strofa è marcata (Gerusalemme, Israele) e rende il salmo vistosamente datato. Ma molti salmi, tra cui questo, nella preghiera cristiana sono sottoposti a lettura allegorica (7), di modo che sotto la città di Gerusalemme, festosamente ricorrente, si ravvisa il paradiso (che poco tocca ai cristiani la memoria (8)).

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1 Molto povera di vocaboli. Si accontenta di esprimere il concetto base (smh = gioia) senza concedersi sfumature e gradazioni, come sono per noi letizia, gaudio, esultanza, tripudio ecc.

2 Altri traduce “quale gioia” con esultai che etimologicamente significa “saltare di gioia”. Cfr M. CORTELLAZZO-P.ZOLLI, Dizionario etimologico della lingua italiana, Zanichelli, Bologna 1992, ad vocem.

3 Che in questo caso è Dio, quindi lo scrivo con l’iniziale maiuscola.

4 Ho sentito persino esclamare “abbiamo vinto le Olimpiadi!”.

5 Stiamo infatti parlando di olimpiadi invernali!

6 Sto parlando dello sport in genere. Mi pare che le prestazioni olimpioniche avvengano a livello dilettantesco.

7 Tecnicamente si dice anagogica, ossia proiettata verso l’alto.

8 Cfr DANTE Paradiso IX 126.