31ª domenica tempo ordinario

 
 

don Luciano Condina commenta il Vangelo di Mc 12,28b-34

Il primo comandamento di Gesù è l’amore

«Qual è il primo di tutti i comandamenti?» chiede uno scriba avvicinandosi a Gesù (Mc 12,28). Il senso di «primo» è da intendersi non solo numerale ma anche di importanza, di base per tutti gli altri, da cui bisogna partire per entrare in relazione con Dio, senza il quale la vita è priva di senso.

«Ascolta, Israele!» (Mc 12,29): si parte da qui, dall’ascolto, prima ancora di «amerai…». Ascoltare è obbedire: deriva, infatti, dal latino ob audire, dall’ascoltare. Quando un genitore dice del figlio che non ascolta intende dire che non obbedisce. Tantissime situazioni relazionali difficili nascono dalla mancanza di ascolto. Ascoltare Dio significa uscire dalla propria mentalità, dal proprio sistema ed entrare nella sorpresa del sistema mentale del Padre, profondamente diverso dal nostro. Crediamo di vivere per noi stessi ma siamo esseri relazionali. Ascoltare è smettere di assolutizzare la propria parola per accoglierne un’altra. Con Dio l’ascolto parte dal recepire cosa Egli ha fatto per noi; per questo motivo nel primo comandamento il Signore esordisce affermando di aver fatto uscire dall’Egitto il popolo ebraico.

La preghiera è anche ascolto della Parola di Dio che scaturisce dalla propria bocca, non perché Dio deve sentirsela dire, ma perché l’orante la ascolti – la parola è suono – e la faccia sua.

«Il Signore nostro Dio è l’unico Signore»: è la priorità massima. Ci disperdiamo in mille emergenze ma la priorità è una sola: accogliere tutto ciò che il Padre, da buon padre, ha da consegnarci per rendere la nostra vita un’opera d’arte.

Si ama «con tutto il cuore, tutta l’anima, tutta la mente e tutta la forza» (Mc 12,30): con tutto, aggettivo ripetuto quattro volte. Pensiamoci: si può forse amare meno di tutto? Che dichiarazione sarebbe quella che recita «Ti amo con parte del mio cuore, per te sarei disposto a fare qualcosa, anche cento chilometri»? Ben triste. L’unica dichiarazione d’amore piena non può che affermare «Ti amo da morire. Per te farei qualunque cosa»: esattamente ciò che ha fatto Gesù. Questo è l’amore dichiarato e dimostrato dal Padre. Un amore che si gioca tutto per te e, se si vuole accogliere l’offerta, bisogna dare tutto. Amarsi è questo e nient’altro. In fondo la pace nel cuore comincia ad arrivare quando nella vita si decide per chi morire, a chi donare la propria vita.

Da questo «tutto» scaturisce il comandamento successivo: «amerai il tuo prossimo come te stesso» (Mc 12,31). L’amore percepisce l’altro come parte di sé. Non è tolleranza o solidarietà: è identità con l’altro. Inoltre «come te stesso» non è da intendersi solo in senso comparativo – amare l’altro come amo me stesso – ma in senso causale: ama il tuo prossimo siccome te stesso, in quanto te stesso. Gesù  per primo parla di sé identificandosi nell’altro, povero, affamato, carcerato… Se l’altro è un pezzo di me non posso non perdonarlo. Chi ama sa soffrire anche quando non capisce; si inchioda una mano pur di non restituire lo schiaffo ricevuto; si inchioda un piede pur di non restituire il calcio; avrà il cuore squarciato perché saprà donare tutto quello che ha dentro.

O si ama del tutto o non si ama. Non si può amare con la testa ma non con il cuore, o viceversa. Amare solo fino a un certo punto è piccolezza, mediocrità, pusillanimità. All’uomo è concesso di amare così a patto che accolga l’amore di Dio.

Si muore una volta sola, e se amare è morire l’amore è per sempre.