La Voce del Signore

 
 

Una breve riflessione sui Salmi. A cura di Mons. Alberto Albertazzi.

Siccome sono a corto di fantasia ritorno sui salmi. Mi risulta che il tema sia gradito. Purtroppo su questo foglio non possiamo esaminare i salmi chilometrici. Ci accontentiamo dunque di salmi di modica dimensione ma non di modica bellezza, come il salmo 28, che ho intitolato la voce del Signore. Occorre una precisazione.

            Voce è diverso da parola. In chiesa si legge la parola di Dio, ma la voce è del lettore. Nella parola c’è il concetto ma non necessariamente la sonorità, perché la parola può essere pensata silenziosamente. La voce invece trasferisce il concetto sul sonoro. La parola dunque può essere pensata senza essere detta; la voce invece, se vuole essere tale, deve dire, deve avere sonorità vocale, seppure di graduabile volume.

            Sul non lunghissimo salmo che ora vediamo, il nesso “La voce del Signore” ricorre sei volte, con una sonorità travolgente. Dio non sussurra, al contrario suona e rimbomba, e il salmista non ne è assordato, perché la sua voce non stanca. Vediamo ora, una per una, queste sei ricorrenze nella loro successione.

LA PRIMA.

La voce del Signore è sopra le acque,

tuona il Dio della gloria,

il Signore sulle grandi acque.

Non è dunque una voce soave, non sono i “lenes sub noctem sussurri” (= lievi sussurri notturni) di Orazio (8 aC)[1], ma il “Caelo tonantem credidimus Iovem / regnare” (= crediamo che Giove tonante regni dal cielo) – come dice il medesimo poeta[2], cui fa roboante eco il Carducci poetando “Caelo tonantem canta Orazio, e Dio / parla tra i nembi sovra l’aquilon[3]. Chissà se questo salmo, scritto certamente prima delle citate poesie, le ha in qualche modo ispirate? E’ più facile supporre che si tratti di una sensazione atmosferica che intercetta trasversalmente letterature diverse, per le quali è spontaneo immaginare il tuono come la possente voce di un Dio poco afono.

            Suggestiva questa insistita postazione vocale del Signore “sopra le acque”, perché lui stesso, il Signore è “sulle grandi acque”. Quali sono queste acque che “piattaformano” la voce del Signore? Viene da pensare alle acque marine, forse addirittura dell’oceano, in cui gli ebrei, molto di terra ferma, poco sguazzavano. Viene da pensare che questo salmo sia stato composto da un reduce da naufragio, che nelle grandi acque se l’è vista brutta, e ha sentito su di sé le onde sciabordanti sotto il fragore del vento[4], da lui eroicamente interpretato come altra voce di Dio. Anche le vocalità divine sono mutevoli, ben più di quelle umane. Ma soprattutto è questione di sintonia, ossia di capacità di captare la voce del vento nei suoi mutevoli significati. Non c’è soltanto il vento turbinoso che si attorciglia a mo’ di tromba d’aria nel quale il salmista, con le meningi intrise di Dio, ne interpreta la voce. Esiste anche un vento mite e melanconico, che risuona mesto nel cuore umano, come dice Montale in una poesia che lo gemella al cuore:

il vento che nasce e muore

nell’ora che lenta s’annera

suonasse te pure stasera

scordato strumento,

cuore.[5]

Splendido ermetismo, che assegna al vento l’incarico di accordare la troppo stonata interiorità umana! E l’ermetismo biblico sussurra divini messaggi al profeta Elia, in voce di “brezza leggera[6] (cfr 1 Re 19,12)[7].

LA SECONDA.

La voce del Signore è forza,

la voce del signore è potenza.

Si poteva anche aggettivare nella forma “la voce del Signore è forte, la voce del Signore è potente”. Ma neppure in questo modo si sarebbe fedeli all’originale ebraico che recita alla lettera “la voce del Signore nel vigore, la voce del Signore nello splendore”. Come dire che se in natura c’è vigore e potenza, ciò si deve a un vocale rafforzamento divino. Non si apprezzi il concetto sfuggente, si apprezzi le bellezza dell’immagine. La Bibbia è patria di ermetismo ancor prima che spuntasse la poesia ermetica. Non capisco perché CEI 2008 renda potenza invece di splendore[8]. E’ bellissimo e verissimo che nella natura, anche inferocita, si senta risplendere la voce di Dio, che ha non poche ragioni per essere indignato verso la catastrofica umanità.

LA TERZA.

La voce del Signore schianta i cedri,

schianta il Signore i cedri del Libano.

Fa balzare come un vitello il Libano

e il monte Sirion[9] come un giovane bufalo.

Alberi possenti, ma che non possono resistere alla travolgente voce del Signore. La fantasia del poeta è imprevedibile e piena di risorse. In trombe d’aria che sfoltiscono vigorose foreste, il salmista ode la voce di Dio, che riesce a decifrare in ogni fenomeno atmosferico.

            Non soltanto con alberi se la prende la voce del Signore, ma pure con sistemi montuosi, che si mettono a sobbalzare come torelli con impeto da corrida! Pare quasi che lo straordinario salmista colga la voce divina pure nei terrori del terremoto.

LA QUARTA.

La voce del Signore saetta fiamme di fuoco.

Fulmini e saette! Nel temporale non c’è solo l’audio ma anche il video, anzi prima il video poi l’audio. Infatti prima si vede il fulmine che riversa milioni di volt sulla crosta terrestre, e poi, a mo’ di roboante didascalia esplicativa del fenomeno, il fragoroso frastuono del tuono. E’ antica convenzione letteraria che il tuono sia da interpretarsi come voce di Dio, come già notato in precedenza. Il ricorrente detto “Giove pluvio”, attribuisce a Dio il temporale con i suoi ingredienti: pioggia, vento, tuono, saette, grandine. Era il rudimentale ma suggestivo meteo prescientifico.

LA QUINTA.

La voce del Signore scuote il deserto,

scuote il deserto di Kades[10].

Di nuovo si celebra l’effetto sismico della voce divina, già rilevato nella terza ricorrenza. Effettivamente le dune sabbiose del deserto danno la sensazione di un avvenuto scuotimento sotterraneo che il salmista, con serena disinvoltura, attribuisce a Dio.

LA SESTA.

La voce del Signore provoca le doglie alle cerve

e affretta il parto delle capre.

Nel suo tempio tutti dicono: “Gloria”.

Curioso effetto ostetrico in ambito veterinario della voce del Signore. E’ risaputo comunque che fragorosi spaventi improvvisi – prima si è parlato di tuoni e fulmini – abbiano effetti di sgradevole alleggerimento nel basso ventre, e non solo a cervi e capre…

Ne risulta quindi un Dio non belante pecorinamente ma ruggente leoninamente: nessuno resisterà alla voce di Dio (cfr Giuditta 16,14)!  La sua immagine ne esce rinvigorita, come si addice a un Dio “Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra”. La voce di Dio è ascoltata ed esaminata nelle sue tradizionali manifestazioni naturali, associate in una coralità che ne proclama la gloria suprema: “nel suo tempio tutti dicono gloria!” Non si tratta del tempio di Gerusalemme, che gli uomini hanno fatto per Dio, come se ne avesse avuto bisogno!  Si tratta invece del tempio che Dio ha fatto per gli uomini, decorandolo di una bellezza raffinata e terribile, che suscita in ogni spirito contemplativo sconfinata e amante ammirazione.

Non dunque ira funesta nelle grandiosità naturali, ma la sovrumana, schiacciante mano di Dio (cfr 1 Pietro 5,6), di cui ogni tocco ne manifesta la gloria.


[1] Odi, I 9,19.

[2] Odi III 5,1.

[3] Giambi ed epodi, Il canto dell’amore 9-10.

[4] L’aquilon di Carducci: un freddo vento da nord.

[5] Corno inglese.

[7] L’originale ebraico propriamente dice “silenzio leggero”. Ancora più divino! Le traduzioni correnti (CEI 2008 compresa) privilegiano abitualmente il razionale a scapito del fascino ermetico.

[8] L. A. SCHöKEL, Dizionario di ebraico biblico, per hadar dà i seguenti significati: onore, dignità, maestà, lustro, ornamento, decoro, fasto. Si è sul versante estetico non sui cavalli-vapore!

[9] Il Libano, oggi uno stato mediterraneo, a quei tempi era un promontorio proteso verso il Mediterraneo. Il Sirion è altro nome dell’Ermon (m 2813 ) che costeggia il Mediterraneo a nord della Palestina. Certi monti sono bi-nominati: quello che noi chiamiano Cervino, in Svizzera si chiama Matterhorn.

[10] Probabile riferimento a una zona desertica a nord della penisola dei Sinai.