La fede è fidarsi di Dio – VIII domenica tempo ordinario

Un Padre che ci protegge

Oggi la liturgia ci apre una delle pagine più belle del vangelo, degna di essere annoverata tra le pagine della letteratura universale, con tratti delicati e poetici: «I gigli del campo, gli uccelli del cielo»; ci suggerisce il principale attributo di Dio che, con la sua infinita sapienza, provvede   alla salvaguardia dell’intera creazione.

La provvidenza di Dio è incoraggiante: «Non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete» (v. 25).  Le parole di Gesù non sono un invito ad aspettare inermi l’aiuto dal cielo, ma sollecitano a vivere con la certezza nel cuore che «tutto concorre al bene di coloro che amano Dio» (Rom 8, 28).

La fede del credente fa la differenza

In una cultura in cui  Dio è una presenza inutile, perché non ci si attende più nulla da Lui, la fede del credente  fa la differenza. Senza fede, infatti,  questo vangelo non si può capire. Il cristiano non  considera la storia e  la propria vita come frutto del caso,  ma  come dono di un Padre provvidente, il quale sa di cosa abbiamo bisogno; proprio come quel genitore che si preoccupa di non lasciar mancare nulla al proprio bambino.

Non vi affannate dunque, non preoccupatevi eccessivamente; non “stressatevi” diremmo noi, per il cibo e il vestito. La fiducia nei confronti del Padre genera  una condizione di abbandono che si traduce in una serenità di fondo.

Avere fede significa non aver paura di fronte all’incognita del futuro.

Gli esegeti hanno calcolato che nella Bibbia l’espressione “non temere” ricorre 365 volte, come i giorni dell’anno. Perché allora ogni mattina non possiamo  abbandonarci nelle braccia del Padre? La parola di Dio, il suo invito: «Non temere», sono una sorta di viatico per affrontare il presente e il futuro della vita

La mia vita segno della provvidenza

Se la Provvidenza è l’amore con cui Dio segue e accompagna la vita di tutte le sue creature, la sua realizzazione chiede anche l’apporto collaborativo  di ogni persona, chiamata a mettere a frutto i propri talenti. Dio ha dato all’uomo e alla donna  il cervello per pensare e le mani per lavorare e procurarsi così il necessario per vivere.

Nella linea della responsabilità è doverosa la preoccupazione di ogni singola persona per sopperire alle proprie e altrui necessità in vista del bene comune. Ciò che Gesù condanna è l’eccessiva preoccupazione, l’apprensione, l’ansia esagerata.

Nel testo evangelico emerge pure una frase chiave che esprime l’unica inquietudine degna del credente: «Cercate il Regno di Dio e la sua giustizia». Nessuno, infatti,  può servire due padroni: Dio e il denaro. «Odierà l’uno e amerà l’altro o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro» (v. 25). Sono le scelte a orientare la vita: verso Dio o verso le cose effimere. Scegliere è d’obbligo per tutti.

Può essere la mia storia

Una notte scoppiò nella cucina della casa un terribile incendio. Mentre le fiamme divampavano, tutti fuggivano all’esterno. Appena usciti, i genitori si accorsero che mancava il più piccolo, un bambino di cinque anni che, impaurito dalle fiamme e dal fumo, era tornato indietro salendo al piano superiore. Papà e mamma si guardarono disperati, le due sorelline cominciarono a gridare. Avventurarsi in quella fornace era ormai impossibile. Ma lassù, in alto, si aprì una finestra e il bambino si affacciò urlando disperatamente: «Papà, papà!». «Salta giù!». Sotto di sé il bambino vedeva solo fuoco e fumo nero, ma sentì la voce e rispose: «Papà, non ti vedo!». «Ti vedo io e basta. Salta giù!», urlò il padre. Il bambino saltò e si trovò sano e salvo tra le robuste braccia del genitore.

I nostri occhi non vedono Dio,  ma Lui vede noi. Possiamo buttarci tranquillamente.