I due apostoli della fede – Festa dei santi Pietro e Paolo

 
 

La liturgia e l’iconografia cristiana antica non separano mai queste due eminenti figure: Pietro e Paolo. La più antica menzione di Pietro nei testi del Nuovo Testamento è conservata nella prima lettera inviata da Paolo alla comunità di Corinto, dove il discepolo è presentato come modello esemplare del ruolo apostolico e già riconosciuto come “leader” prestigioso nel contrapporsi ad altri gruppi (cfr. 1Cor 1, 12). Dal canto suo Pietro si appoggia a Paolo riconoscendone l’autorità (cfr. 2 Pt 3, 15-16) per la sua presenza stimolante nella Chiesa primitiva, che garantisce lo sviluppo della fede con un pensiero a volte dirompente.

Questa testimonianza è per tutti motivo di grata memoria. Ci attesta come fin dalle origini del cristianesimo, l’Istituzione e il carisma si integrano e si completano, rispettando le reciproche differenze.

Nel Vangelo di questa domenica sono messe in evidenza soprattutto la confessione di San Pietro da cui ha avuto inizio la Chiesa e la volontà di Gesù di affidargli la garanzia dell’unità e della fedeltà al Vangelo. Sorge spontanea una domanda: perché viene imposto a Simone un nome nuovo, anche se poi Gesù continuerà a chiamarlo con il nome di prima?
Intanto Kefa-Pietro è un soprannome – cui andava congiunto uno speciale significato, tanto da entrare nel kerigma, nella tradizione orale – ed era stato trasmesso. Siccome il passo di Mt 16, 18 è l’unico del Vangelo in cui il significato e l’importanza di questo nome vengono apertamente manifestati, bisogna riconoscere che il brano appartiene alla più antica tradizione della Chiesa, la quale lo trasmise come un detto di Gesù. È perciò una conferma dell’attendibilità storica del testo, verso cui numerose sono state le obiezioni e le avversioni. Sta di fatto che nell’elenco completo degli apostoli e in ognuno dei tre sinottici, Pietro figura sempre al primo posto (cfr. Mc 3, 16 -19; Mt 10, 2-5; Lc 6, 12-16).

Il mutamento del nome indica la preminenza che l’apostolo eserciterà in modo speciale nell’ambito della fede: Pietro, infatti, sembra possedere un’illuminazione più chiara di tutti, riconoscendo in Cristo il Messia; tanto che Gesù ribatte: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giovanni, poiché non la carne e il sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli» (v. 17). Decisivo il fatto che Gesù elegge Pietro a «pietra» della Chiesa non in base alle sue disposizioni naturali (l’assoluto entusiasmo, l’ardente zelo, la candida rettitudine); sappiamo infatti che il discepolo è indietreggiato per la sua instabilità quando la sua fede era ancora debole… Gesù lo ha reso «pietra» mediante la sua grazia e la sua assistenza divina, perché egli vuole la cooperazione degli uomini nell’edificazione del suo Regno e osa chiederla perché con la sua provvidenza può compensare e prevenire i rischi delle debolezze umane.

Il sostegno del Signore aiuta anche noi, oggi, a prendere coscienza del fatto che Cristo educa i discepoli alla forma cristiana oltre le funzioni e i ruoli, perché anche un mandato particolare dev’essere peculiare espressione della forma di funzione universale propria della Chiesa (H.U. von Balthasar).
Possa davvero la Chiesa, unita a Pietro nel proclamare la fede in Gesù Cristo, camminare verso di Lui attraverso le prove storiche, facendo dell’esperienza della sua croce una dimensione di vita.
Pietro ha soddisfatto questa necessità cristiana alla lettera e seguito Gesù fino all’incredibile cammino sigillato con il martirio.Anche ciascuno di noi può dire con le parole di San Paolo: «Io vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2, 20).