Forza e tenacia della preghiera – XXIX domenica del tempo ordinario

 
 

Il tema della liturgia di questa domenica è la preghiera, l’occasione attraverso cui possiamo domandare a Dio non ciò che concerne la carne, non ciò che può farci ottenere il nostro benessere, ma il bene spirituale maggiore: accedere al Regno.
La preghiera rappresenta, dunque, la finestra che ci permette, come afferma il card. Carlo Maria Martini, di contemplare «la vita con Dio per l’eternità, e vi fa ritorno». Durante questo dialogo con Dio è Lui stesso che libera il nostro cuore dalle preoccupazioni umane e ci rivela il suo disegno sulla nostra vita, quel progetto che Dio ha su ciascuno di noi, per la nostra realizzazione come uomini e cristiani.
La vedova del Vangelo di questa domenica rappresenta, nel linguaggio biblico, la figura di colei che ha maggiormente bisogno di essere difesa, per questo si rivolge al giudice: per ottenere giustizia. Questi dapprima la ignora, non ascolta il suo grido, la sua richiesta, ma, alla fine, per opportunità e per la grande insistenza della vedova acconsente e le dà ragione. Il comportamento della donna rivela una grande volontà, una tenacia che non demorde.Così dev’essere la nostra preghiera: deve puntare in questa direzione, abbandonarsi a Dio, perché solo Lui può guarire le nostre povertà. Ecco il motivo, per cui il racconto evangelico termina con questa frase: «Quando il Figlio dell’uomo ritornerà, troverà ancora fede sulla terra?» (Lc 18,8).
Credere significa abbandonarsi, consegnarsi con totale fiducia a Dio, contare interamente su di Lui. La preghiera è respirare Dio ogni giorno del nostro cammino, sulla strada della storia. Unirsi a Cristo nella preghiera porta a santificare il tempo nel quale viviamo.
Ecco perché Gesù, esorta: «Bisogna pregare sempre, senza mai stancarsi» (Lc 18,8).
Il grande teologo Dietrich Bonhoeffer, sul tema della preghiera così scriveva: «Imparare a pregare: è un’espressione che ci sembra contraddittoria. Noi diremmo piuttosto: o il nostro cuore sovrabbonda al punto tale che da se stesso comincia a pregare, o diversamente non imparerà mai a pregare… No, pregare non significa solo aprire il proprio cuore; significa piuttosto trovare la via che conduce a Dio per dialogare con lui, sia che abbiamo il cuore pieno oppure vuoto». (Pregare i salmi con Cristo, Queriniana 1969).
Perciò vogliamo, ancora, innalzare questa preghiera di padre Enrico Masseroni, nostro Arcivescovo: «Aiutaci, o Signore Gesù, a non relegarti ai margini; / perché sei Tu, la sorgente della nostra vita: / Tu il viatico sui sentieri / del nostro pellegrinaggio; /Tu il Signore della storia che ci accoglie, nell’abbraccio dell’amore oltre il tempo. / Dona vigore, a tutti i crocifissi della terra; / dona a tutta la tua Chiesa, la fortezza dello Spirito: /perché non ci ribelliamo sotto la croce, /ma sappiamo stare al tuo passo, come “cirenei della speranza”; /perché il nome della speranza / è la tua Pasqua» (Ti benedico Signore, Ed. Paoline, 2010).