come viviamo e trasmettiamo la storia della salvezza

 
 

– scritto dai coniugi Ileana e Luca Carando –

I genitori, in generale, si preoccupano molto della formazione umana e accademica dei loro figli, per le conseguenze che possono avere per il loro futuro. Vogliono il meglio per il figlio. Tuttavia, non danno la stessa importanza all’educazione alla fede. Essere credenti o non esserlo, non pare molto importante per il futuro felice del figlio E molti genitori «delegano» questo compito alla catechesi parrocchiale; sono molto meno coloro che si preoccupano personalmente e da vicino dell’educazione cristiana del figlio. Si ascoltano quasi sempre le stesse scuse: «ci manca la preparazione», «non c’è tempo»…
Crediamo veramente che un’ora di catechismo settimanale in parrocchia sia sufficiente perché i nostri ragazzi imparino a conoscere e ad amare quello che dovrebbe essere il nostro tesoro più prezioso: la fede cristiana?
Un bambino che prende parte alla catechesi parrocchiale o riceve una formazione religiosa scolare senza avere in casa alcun riferimento religioso, è difficile che assimili e interiorizzi la fede. Se in casa Dio non ha importanza alcuna, se Cristo non è punto di riferimento, se non si prende sul serio la religione, se non si vivono gli atteggiamenti cristiani fondamentali, la fede non si radicherà in lui. Il clima familiare è assolutamente necessario per interiorizzare il messaggio religioso che il bambino riceve nella catechesi.
1. Creare le condizioni
È inutile parlare dell’esperienza della fede nella famiglia se non ci sono nel nucleo familiare alcune condizioni di base. Ne indichiamo alcune di grande importanza:
• Il cammino di fede dei genitori. Il desiderio di educare un figlio alla fede si inserisce nel desiderio del genitore di camminare nella fede.
• È importante l’affetto dei genitori per i figli: i genitori possono essere modelli di identificazione per i figli solo se questi si sentono amati. In un qualche modo, i figli percepiscono attraverso di loro e nella loro bontà, compagnia, rispetto, e perdono, il mistero di un Dio buono.
• È anche importante il clima di comunicazione. La carenza di comunicazione impedisce l’esperienza della fede nella casa. Comunicazione della coppia in sé e comunicazione con i figli.
• È pure importante la coerenza fra quanto si dice o si chiede ai figli, e quanto si fa. Si possono commettere errori e sbagli o trovarsi in brutti momenti; quello che importa è mantenere una postura di fondo coerente. Un comportamento coerente con la fede e le proprie convinzioni diventa convincente e dà alla famiglia forza educatrice.
• È anche di grande importanza passare da una fede individualista a una fede più condivisa nella coppia e in tutta la famiglia. Ogni famiglia ha il suo cammino da fare per apprendere a condividere più e meglio la sua fede. Le possibilità sono molte, ma toccherà ad ogni famiglia vedere che cosa fare e da dove iniziare.

2. I contenuti essenziali

Cerchiamo di annotare qui in rapida sintesi i contenuti essenziali del messaggio cristiano.

– Sono figlio di Dio, unico e irrepetibile: egli ha creato me e tutte le cose esistenti. Dio mi ama, ama i miei fratelli e sorelle, ama il mondo e la storia.

– Dio mi ama con un amore che mi lascia libero di scegliere tra il bene e il male. La libertà dell’uomo ha consentito che il peccato segnasse ogni persona e il mondo.

– Quando l’uomo sceglie il male, Dio gli viene incontro con la sua misericordia che perdona e ama “ad oltranza”, aspettando che l’uomo si converta.

– Dio si è rivelato progressivamente nella storia degli uomini. Ha scelto un popolo, lo ha educato con pazienza e amore e lo ha unito a sè come sua sposa. Da esso Dio si attende una risposta nel dialogo (preghiera) e nei comportamenti (morale).

– Nella pienezza dei tempi Dio stesso è entrato nella storia umana nella persona del Figlio Gesù Cristo e, divenuto visibile, ha parlato e agito da uomo, ha condiviso la nostra condizione umana perché gli uomini sentissero Dio vicino per sempre.

– Per noi Gesù, Figlio di Dio, ha donato la vita nella sua passione e morte; il Padre lo ha risuscitato. Per la Pasqua di Gesù, ogni uomo trova la salvezza al di là della morte: la vita terrena è il cammino che prepara la vita eterna, nella quale trovano pieno compimento le attese dell’uomo.

– Lo Spirito che il Padre e il Figlio ci hanno inviato raccoglie la comunità dei credenti nella fede e nella comunione della carità, segno distintivo dei discepoli del Signore.
– Questa comunità, la Chiesa, ha il compito di essere nel mondo “sacramento” del¬l’amore di Dio per tutti gli uomini.

– Nei sacramenti, celebrati nella Chiesa, Dio continua a comunicare con gli uomini con linguaggio umano di parola e gesti: con essi Dio ci unisce e ci rende partecipi del mistero di Cristo, morto e risorto, nell’attesa del suo ritorno alla fine della storia umana.

– Gesù è il centro della fede

Anche nella educazione alla fede in famiglia, come nel cammino della comunità cristiana, il punto di partenza e il centro sono la persona di Gesù. È Gesù che ci rivela il volto del Padre e che, per mezzo del suo Spirito, ci accompagna sulla strada della nostra vita mostrandoci la direzione del cammino e aiutandoci ad interpretare i segni del disegno di Dio su di noi.

3. Come trasmettere la fede

– Cogliere le occasioni del quotidiano

Lo stile familiare dell’educazione alla fede passa attraverso la vita quotidiana. L’intervento di “evangelizzazione” dei genitori ha il carattere di una catechesi “occasionale”: che valorizza cioè le tante occasioni offerte dalla vita quotidiana per parlare di Dio, per comunicare la sua Parola, per interpretare gli eventi e per orientare il cammino.

– La casa, luogo primario della trasmissione della fede

Siamo abituati a pensare che il luogo primario in cui si svolgono la comunicazione con Dio e la vita di fede sia la chiesa, piuttosto che la casa. Pur sentendosi parte di una comunità più vasta e facendo costante riferimento ai momenti liturgici della parrocchia, la famiglia forse dovrebbe valorizzare di più la casa come luogo abituale dell’educazione alla fede dei figli e dell’incontro con Dio.

– Valorizzare i segni

L’uomo è aiutato da molti sensi nella percezione della realtà; perciò anche l’esperienza della fede si avvale di molti modi espressivi e di vari strumenti pedagogici. Soprattutto i bambini sono molto sensibili al mondo visivo, ai segni e ai simboli che aiutano a capire ciò che si vuol comunicare con il linguaggio verbale. Conviene allora valorizzare di più, nell’azione educativa della famiglia rispetto alla fede, alcuni segni tradizionali che già abbiamo nelle nostre case: un’icona o immagine religiosa, un cero, un simbolo sacro, uno spazio particolare.

– Il metodo della narrazione

Noi veniamo da un passato, non lontano, nel quale gli insegnamenti cristiani consistevano prevalentemente in esortazioni morali. Pur senza rinunciare al peso che esse hanno, oggi la Chiesa mette in maggior luce il “lieto annuncio” che suscita l’ade¬sione alla persona di Gesù. Abbiamo molto da imparare dalla tradizione testimoniata dalla Scrittura, che esorta a privilegiare la dimensione narrativa nell’ambito dell’educa¬zione alla fede: “ripeterai, parlerai, racconterai…” sono i verbi che ricor¬rono con maggior frequenza.
Anche la narrazione degli eventi della propria famiglia lungo le generazioni (i racconti dei nonni, degli zii…) può diventare un momento efficace di educazione alla fede; cogliere i segni della provvidenza di Dio nelle vicende della vita, leggendola come la strada sulla quale Dio si affianca agli uomini, è aiutare i figli a leggere la continuità di una storia di salvezza che riguarda anche il presente.

– Riconoscere “le meraviglie di Dio”

Partire dal racconto degli interventi di Dio a favore del suo popolo, per suscitare stupore, gratitudine e fiducia, per indurre ad abbandonarsi a lui e a lasciarsi guidare dalla sua sapienza. Questo metodo potrebbe dare maggiore risalto alla ricerca dei segni della bontà e della provvidenza di Dio anche nella nostra vita quotidiana, alla gratitudine e quindi alla preghiera di ringraziamento.

– Pregare in famiglia

In questo contesto, anche la preghiera comune in famiglia diventa un momento prezioso di educazione alla fede: non la preghiera presentata come un dovere faticoso, quasi un debito da assolvere, ma la preghiera vissuta come momento di “distensione” rispetto all’affannarsi della vita. Nella preghiera va evidenziata la decisione di fermarsi, per dare uno sguardo alla propria vita e a ciò che ci circonda, mettendosi davanti a Dio e quasi contemplando tutto con i suoi occhi per capirne il senso profondo.

La preghiera familiare deve avere due caratteristiche, sottolineate anche dal Papa nella “Familiaris consortio” : “È una preghiera fatta in comune, marito e moglie insieme, genitori e figli insieme”. In secondo luogo la preghiera familiare è “impastata di quotidiano”: “Ha come contenuto la stessa vita di famiglia, che in tutte le sue diverse circostanze viene interpretata come vocazione di Dio e attuata come risposta filiale al suo appello: gioie e dolori, speranze e tristezze, nascite e compleanni, anniversari delle nozze dei genitori, partenze, lontananze e ritorni, scelte importanti e decisive, la morte di persone care, ecc. segnano l’intervento dell’amore di Dio nella storia della famiglia”.

– Occasioni particolari
La vita familiare presenta alcune occasioni privilegiate per coltivare il senso religioso, per educare alla fede, per vivere momenti significativi d’incontro con Dio nella preghiera.

– Anzitutto le ricorrenze che ritmano la storia della famiglia: l’anniversario di matrimonio dei genitori e del battesimo dei figli, i compleanni e gli onomastici, gli eventi, lieti o tristi, che riguardano la comunità familiare, i parenti o le persone del quartiere e della parrocchia, i sacramenti della iniziazione cristiana, le malattie o la perdita di persone care. Sono eventi che suscitano interrogativi e offrono occasioni particolari per un ricordo, per una preghiera, per una riflessione espressa anche in modo essenziale e discreto.

– I momenti forti dell’anno liturgico: avvento, natale, quaresima, pasqua, pentecoste… come sono particolarmente curati nelle celebrazioni comunitarie, potrebbero trovare anche in famiglia una particolare risonanza nei segni esterni e nella preghiera comune.

– Il momento del pasto, soprattutto nei giorni festivi, è occasione per ringraziare il Signore e per chiedere che siano rafforzate l’unità della famiglia e la solidarietà nella vita comunitaria.

– Si potrebbe stabilire un maggiore legame tra la celebrazione dell’Eucaristia domenicale nella comunità e la vita e la preghiera della famiglia: la Parola di Dio, che è stata proclamata in chiesa, dovrebbe lasciare traccia nel resto della settimana e trovare risonanza nella preghiera familiare.

4. Un’alleanza educativa tra famiglia e comunità cristiana
Fin qui abbiamo parlato del compito educativo dei genitori soprattutto in ordine alla fede dei figli: compito che essi sono chiamati a svolgere inseriti in una famiglia più ampia che è la comunità ecclesiale.
Cosa può fare la comunità cristiana per valorizzare e sostenere la famiglia nella sua missione educativa? Anzitutto deve avvicinare le famiglie con alcune attenzioni.

– Pensare che la famiglia non è unicamente problema, ma può essere la principale risorsa in ordine alla educazione alla fede delle nuove generazioni e alla edificazione della comunità. La tendenza prevalente è invece quella di ritenere molte famiglie – gravate da difficoltà di relazione, segnate dal fallimento del rapporto coniugale, disorientate per i disagi nel compito educativo con i figli – incapaci di assolvere alla loro responsabilità educativa primaria, e di doversi quindi sostituire ad esse con un’azione di supplenza.

– Non sopravvalutare la famiglia, avendo davanti solo l’ideale di una famiglia capace di accogliere le sollecitazioni di impegno che vengono dalla comunità, lasciando così per strada quelle che si sentono meno preparate, o sono meno disponibili ad accogliere la proposta. Nell’educazione alla fede, la comunità cristiana non può passare da una situazione di delega totale ai catechisti, spesso praticata in passato, a una delega ai genitori: “datevi da fare, perché il compito di educare è vostro!”, pensando che così si è svolta la propria missione.
La responsabilità della comunità cristiana potrebbe esprimersi in modo equilibrato puntando in due direzioni: da una parte favorendo che la famiglia si riappropri del suo ruolo di educare alla fede e accompagnando i genitori nella loro formazione personale; dall’altra caratterizzando il “giorno del Signore” come giorno della comunità e giorno della famiglia.