3^ Domenica Avvento (Anno A)

 
 

la Fraternità della Trasfigurazione commenta il Vangelo di Mt 11,2-11

Dio è solo amore, promessa di vita piena

A conclusione del Vangelo di domenica scorsa avevamo udito la voce del Battista annunciare in modo categorico e lapidario la venuta di un Messia energico e radicale, che avrebbe bruciato la paglia del nostro male nel fuoco inestinguibile e non avrebbe esitato a rimettere le cose a posto, utilizzando più la forza della dolcezza.

Ora ritroviamo Giovanni in carcere, ma alla certezza assoluta nutrita in passato si è in lui sostituito il dubbio a proposito di Gesù. Per tale motivo gli invia i suoi discepoli, affinché lo interroghino in merito alla sua identità. Egli forse presagisce che la sua vita terminerà con il martirio e si chiede quale possa essere stato il senso del suo annuncio e se non abbia sbagliato tutto.

Quanto vive il Battista in questo drammatico momento può trovare un’eco anche dentro di noi, nelle nostre domande su Dio: perché non viene con forza a castigare coloro che sbagliano, a punire chi commette il male, a fermare le guerre ed eliminare il dolore?

Gesù risponde appellandosi ai fatti, non solo al vedere ma anche all’udire: non basta constatare degli avvenimenti, ma è necessario cogliere la continuità con quanto da secoli i profeti avevano annunciato, Israele aveva ascoltato e che oggi finalmente si compie. Le parole di Isaia con cui Gesù risponde ai discepoli del Battista sono, dunque, un’autorivelazione, un’illustrazione della sua identità in cui, con qualche differenza rispetto al testo del profeta, appare unicamente un’immagine misericordiosa, rassicurante, colma di speranza.

Ed è proprio per noi, che ancora abbiamo l’idea di un Dio giustiziere, il quale separa rigorosamente i buoni dai cattivi e punisce questi ultimi, l’invito a non scandalizzarsi di un Dio che è solo e unicamente amore, promessa di vita piena e cura di ogni possibile ferita.

Ecco svelata l’identità di colui che il Battista aveva annunciato, rivelazione che rassicura e pacifica, senza svilire la grandezza del precursore. Le due identità, infatti, sono subito messe a confronto dalle parole con cui Gesù presenta Giovanni alle folle. Si tratta di un discorso che pur nella differenza fra i due – ulteriormente evidenziata alla fine della pericope di oggi – fa emergere la grandezza di entrambi. Dalla descrizione del Battista si coglie l’immagine di un uomo austero, coerente, oggi diremmo “tutto d’un pezzo”; non una banderuola che cambia opinione in base all’audience e al successo, non un uomo preoccupato della propria immagine ma qualcuno simile “a un robusto albero selvatico e nodoso”. Nel presentarci l’elogio di Giovanni, Gesù lascia però trasparire qualcosa della sua identità; non solo la citazione che egli riferisce ai discepoli come risposta agli interrogativi del Battista ci aiuta a penetrare il mistero della sua persona e a percepirne il valore, ma anche queste parole di apprezzamento nei confronti del precursore lasciano emergere alcuni tratti della sua persona: l’estrema umiltà, lo sguardo profondo, la capacità di intuire e lodare la grandezza di uno che, tuttavia, gli è inferiore. Tale grandezza, però, non è nemmeno lontanamente paragonabile a qualcosa di ben più importante, a quel Regno riservato ai piccoli, i quali accolgono l’invito a entrarvi per ricevere una vita molto più ricca rispetto a quella donata alla nascita: la vita vera dei figli di Dio che l’Atteso è venuto a portarci.