VIZI

 
 

Le virtù sono attitudini al bene, i vizi invece sono inclinazioni al male. Stiamo parlando dei vizi classici, quei sette sui quali Dante scandisce la geografia ascendente del Purgatorio, inerpicandosi dal più grave verso quello più innocuo, pur tenendo presente che di vizi innocui non ne esistono. Talora si rifila il titolo di vizio ad abitudini ineleganti, come mettersi le dita nel naso. Che non stia bene siamo tutti d’accordo ma considerarlo vizio con tutto lo spessore etico del temine, mi sembra eccessivo. Per farla breve, i vizi per essere tali si devono solidificare in peccati della stessa specie. Per tornare al nostro sgradevole esempio, nessun comandamento divino vieta di mettersi le dita nel naso. Lo vietano il buon gusto e il galateo. Dio non si è scomodato per legiferare laddove arrivano la “ragion pratica”, ossia la correttezza e la creanza.

Visitiamo allora quelli che il catechismo e la morale cattolica classificano come i sette vizi capitali, ossia le nefaste propensioni umane che a loro volta possono esser matrice di vizi inferiori, da noi ora tralasciati per mancanza di spazio.
Cominciamo dalla superbia. E’ quel vizio che ci fa dimenticare che Dio è già un altro e nessun può mettersi al suo posto. Il suo naturale calmiere è l’umiltà o personale ridimensionamento che dir si voglia.

Segue a ruota l’invidia, oltremodo antipatica e ingenerosa, perché non si accontenta di desiderare smodatamente il positivo che si vede gli altri, ma arriva a provocare rancore e odio verso chi è più arriso dalla sorte.

C’è poi l’accidia o pigrizia morale. E’ la non voglia di migliorarsi, accettando supinamente la propria situazione “senza infamia e senza lodo” – per dirla con Dante – senza far nulla per progredire. L’accidioso prova addirittura fastidio per la virtù e per il desiderio di migliorarsi. L’accidioso pensa: «Mi accontento di come sono e non sgonfiatemi»; arrivando sino a mandare al diavolo chi cerca di smuoverlo. La distinzione fra accidia e pigrizia è alquanto sottile. Il pigro teme la fatica fisica ed è nemico del sudore che ne consegue. L’accidioso scansa ogni fatica spirituale. La prima a farne le spese è la preghiera che non può allignare fra i programmi dell’accidioso.

Segue a ruota l’avarizia, il più sordido di tutti i vizi. Su questo vizio perverso non è il caso di spendere parole, perché è a tutti noto: o perché lo si pratica, o perché lo si depreca, o perché non sono ignote le scelleratezze che per essa si compiono. Avarizia e cupidigia, sua sorella gemella, si eccitano soprattutto quando si tratta di spartirsi l’eredità. E’ il vizio più combattuto nel Vangelo.

Quelli sin qui visitati sono vizi che hanno la loro radice nell’intelletto e nella volontà. Sono vizi “nobili” (si fa per dire) perché esclusivi della specie umana. Tutti, o poco o tanto, si accomunano sul loro basamento etico che è l’odio. Si passa ora a vizi d’istinto, non meno pericolosi, ma su di essi si può estendere una blanda indulgenza, in quanto sono radicati nelle membra umane, ben difficili da pilotare.

Cominciamo con l’ira, simboleggiata dal così detto “mostro della bile verde”. E’ la scalmana improvvisa e incontrollata, che può arrivare sino all’omicidio. Sono i così detti “cinque minuti” nei quali sfugge l’autocontrollo e non si dominano più atti e parole. Antipaticissimo, perché fa degenerare l’uomo in una specie di toro da corrida.

C’è poi la gola, tipica della società dei consumi, in stridente contrapposizione con la società dei consumati. La perdita del controllo alimentare provoca guai psicofisici enormi, come ben si sa. Compromette la salute fisica e, se spinta oltre, anche quella psichica, facendo scattare perverse dipendenze dalle quali retrocedere son dolori. Sotto questo vizio metto ogni uso di sostanze stupefacenti, che rincitrulliscono catastroficamente chi si è lasciato catturare da queste trappole infernali.

E concludiamo con la lussuria, che è l’abuso incontrollato della sessualità, spinto a eccessi maniacali. La novità di oggi (28 aprile) è che un professore universitario ha fatto una lettura di Pinocchio – quello vero scritto da Collodi – in versione gay e pedofila. Ci sarebbe da morir dal ridere se non ci fosse da arrabbiarsi.
Il vizio sta nell’eccesso mostruoso, non nell’atteggiamento di base, di per sé buono e ragionevole.

La superbia è il mostro dell’autostima di sé. L’invidia è il mostro della stima verso gli altri. L’accidia è il mostro dell’accettare serenamente i propri limiti. L’avarizia è il mostro dell’indispensabile per vivere dignitosamente.

L’ira è il mostro della temperata indignazione. La gola è il mostro della compiaciuta sopravvivenza individuale. La lussuria è il mostro della soddisfatta sopravvivenza della specie umana.

Mons. Alberto Albertazzi