Mortificante

Φωτίζου, φωτίζου di fusion-of-horizons
Flickr creative commons
 
 
Φωτίζου, φωτίζου di fusion-of-horizons Flickr creative commons

… non lo è certamente il Dio che ci veicola la Bibbia. E non lo è neppure quello che riesce a sfiorare il pensiero umano in autonomia. Ma mettiamoci sulla Bibbia, la quale di Dio ci dice almeno tre cose su cui giova ragionare. Cominciamo dalla più enigmatica.

Dio è spirito” (Giovanni 4,24). Enigmatica perché non riusciamo a capire cosa s’intenda per spirito: non è uno spettro tipo castello scozzese o fantasma che dir si voglia; non è neppure l’anima umana anche se la diciamo nostra dimensione spirituale; e tanto meno è la matrice della spiritosaggine. Quando si dice che Dio è spirito si vuol dire che è pura immaterialità: non è visibile (Giovanni 1,18), non è tangibile, non è tridimensionale, non è gravitazionale. Eppure è. Noi tapini non possiamo capire nulla senza un riferimento alla materia. Possiamo farci delle idee che circolano per il nostro cervello e in quanto tali sono immateriali, ma clonano da oggetti sensibili: posso avere l’idea di asino, ma me la procuro a partire dal noto quadrupede ragliante, esistente in carne, ossa e orecchie. Insomma dire che Dio è spirito significa connotarlo di pura impensabilità. Goffo è concludere che perciò non esiste. E’ più corretto concludere che il nostro modico cervello non ci arriva. Tuttavia il cardinale Federigo Borromeo, quando l’Innominato pentito va a finire nelle sue braccia, gli fa scoprire alcuni sintomi a lui interni, per sperimentarlo. (A. MANZONI Ipromessisposicap. XXIII: “E chi più di voi l’ha vicino? Non ve lo sentite in cuore, che vi opprime, che vi agita, che non vi lascia stare e nello stesso tempo vi attira, vi fa sentire una speranza di quiete …?”.)

La Bibbia dice inoltre che “Dio è luce e in lui non sono tenebre” (1 Giovanni 1,5). Suggestivo se non persino affascinante. Ma che razza di luce è? Il nostro occhio non vede la luce in quanto tale ma vede le cose illuminate. Il contrario della luce è la tenebra che, al contrario della luce, si vede ma non ci consente di vedere le cose e ci viene perciò spontaneo associarla alla morte. Se la luce è il contrario della tenebra, in automatico si associa alla vita. Dire che Dio è luce non è molto diverso da dire che Dio è vita (Giovanni 1,4): piena, totale, infinita, senza inizio e senza fine, ossia eterna. Dio è sempre stato e sempre sarà, come diceva il catechismo di una volta. E’ forse la più vertiginosa affermazione che si possa fare su Dio. Questa combinazione fra luce e vita produce bellezza: Dio è bellezza infinita e ammirando la natura con occhio francescano possiamo scorgerne un pallido, sbiadito riflesso.

Dio è amore” (1 Giovanni 4,8.16). E’ diverso da dire che Dio ama. Anche noi amiamo, ma non ci sogniamo di dire che siamo amore. Amiamo qualcuno, calibrando l’amore secondo le relazioni: parliamo infatti di amore paterno/materno/filiale, di amore fraterno, di amore di amicizia, di amore di patria, e via amando. Questi esempi, scontati e forse un po’ retorici, ci fanno capire che l’amore è essenzialmente relazione interpersonale. Ma il Dio solitario con chi può avere relazione? E’ costretto a creare per relazionarsi a qualcosa? Un Dio che patisce costrizioni non è più titolato a essere Dio. Ecco allora che scatta il “congegno” trinitario. Dio è uno solo, ma non solitario perché la sua vita di amore si esercita nel circolo delle tre Persone della SS. Trinità. Ha creato di certo per amore, ma non per poter essere amore, essendolo comunque. Cosa ha creato? Lo sappiamo benissimo: il cosmo, che preferisco chiamare “sistema di cose”2, espressione che mi sembra più globalizzante e possibilista, perché cosmo connota prevalentemente il cielo stellato, l’universo. Ma quanti altri sistemi di cose Dio può avere creato, per noi inimmaginabili perché organizzati su chissà quali leggi e  principi, radicalmente differenti dai nostri. Ovvio che il profilo della storia biblica, partendo dalla creazione per arrivare all’incarnazione, morte e risurrezione di Gesù Cristo, presuppone il nostro attuale sistema di cose, che ha come recipienti lo spazio e il tempo, reticolato di contenimento del nostro pensiero. Ma la fantasia creatrice di Dio resta inesauribile.

2 Mi sembra l’averla trovata in una Bibbia dei Testimoni di Geova e mi è piaciuta.

Stupenda una onorificenza che a Dio riconosce la Liturgia delle Ore, coniugando carità, luce e Spirito: “O Signore, fiamma di carità, donacil’ardore del tuo Spirito3. Vi troviamo luce, la fiamma, carità e Spirito: le tre dimensioni divine che abbiamo ora esplorato.

3 Preghiera conclusiva dell’ora Sesta del sabato. Nell’originale latino: “ … Domine, lux ardens caritatisaeternae…”.

Fin qui ho farfugliato ciò che spesso mi passa per la mente. Ora tiro in ballo un pensatore ben più autorevole del microcefalo scrivente: Aristotele (†322/321 aC), il quale definisce Dio “il pensiero del pensiero4: ossia Dio è il suo spesso pensarsi! Affermazione da capogiro! Non priva di suggestioni vagamente trinitarie, che riconoscono in Dio un’autonoma vita intima. “Il suo stesso pensarsi” è diverso da dire che Dio pensa se stesso.

L’uomo si nobilita allargando più che può lo sguardo su Dio. Le religioni servono a questo e la filosofia può dare una mano. Si diceva una volta philosophia ancilla theologiae(=la filosofia è ancella della teologia). La religione cristiana è idonea a questa arrampicata su Dio, perché ci consente di curiosare, almeno da lontano, nella sua intima vita trinitaria, e ai bene intenzionati lo Spirito Santo può dare una spintarella. D’accordo, la religione biblica è più interessata a quanto Dio fa su questa terra, ma ci offre buchi della serratura per curiosare almeno da lontano e sfocatamente il suo mistero. E quanto più si cerca di penetrarlo, tanto meno interessano le vicende di questo mondo: ecco il rapimento mistico!

Non è menefreghismo, è consapevolezza del nostro essere temporizzati, e per giunta su stagioni esistenziali assai brevi. A pensarci bene questo mondo dura quanto durano le singole persone, perché morto io, è morto per me questo stesso mondo. E ciò vale per tutti i morituri.

Ma chi risveglia il nostro pensiero di cristiani su Dio? A parer mio dovrebbe pensarci la Chiesa, che sembra però “intutt’altrefaccendeaffaccendata” – per dirla col Giusti, seppure al altro proposito5 -, come segnala non senza rosicchiante ironia questo mortificante messaggio ricevuto per posta elettronica:

Una splendida notizia!!! Santi Patroni. L’Assemblea Generale [della CEI] ha approvato alcuni Santi Patroni: san Martino di Tours patrono del Volontariato in Italia; san Giuseppe Moscati patrono dei medici, infermieri e soccorritori delSistema dell’Emergenza Territoriale 118 italiano, della Medicina e Chirurgia di Emergenza nazionale; san Giovanni Bosco patrono degliIspettori del Lavoro [sic!]; la Beata Vergine delleGrazie del Ponte di Porretta Terme patrona dellaPallacanestro italiana [risibile!]. Dovrà seguire laconferma della Congregazione per il Culto Divinoela Disciplina deiSacramenti.

Mortificante che la Chiesa, che dovrebbe mettere al primo posto Dio con tutte le strabilianti prerogative che ho ora cercato ingenuamente e maldestramente di illustrare, e molte altre ancora, si lasci trascinare in frivolezze e insulsaggini di questo genere. Non mi stupirei se domani la santa Gianna Beretta Molla sia proclamata patrona di chi fabbrica materassi a molle e berretti! E’ una battuta cretina, ma il testo soprariportato è un’autentica mortificazione dei Santi che si aggiunge alla ormai cronica reticenza su Dio ed eternità, da parte di chi dovrebbe richiamarceli.

Perché non pochi battezzati si traferiscono su pratiche in stile indiano o affine, fra il filosofico e il religioso? Me lo chiedo con amarezza e mi rispondo: perché le Chiese cristiane parlano troppo poco di Dio.