I TERRORISTI E I PAROLAI l’angolo di don Alberto

 
 

Occorre un vocabolario apposito per esecrare le indiavolate malefatte dell’Isis. Possiamo tentare i termini ottusità, mostruosità, insensatezza e altri simili, ma restiamo al di sotto. Evito il termine bestialità per rispetto al regno animale. Ma se provo orrore per queste demenziali “prodezze”, provo fastidio per la roboante retorica dei capi di stato, che sciorina tronfie garanzie (escatologiche) di definitiva sconfitta del terrorismo, perché i valori e i princìpi su cui si basa l’Europa sono indistruttibili.

A parer mio l’Europa i suoi valori li ha perduti da un pezzo, da quando ha cominciato a prendere a calci il cristianesimo – ossia dai tempi dell’illuminismo (XVII-XVIII secolo) – e in questi ultimi decenni li ha addirittura massacrati, in nome della libertà e della non-discriminazione, spinta sino ad accettare le nozze-gay. Non credo che esista continente più laico dell’Europa. Perché parecchi giovani europei si sono travasati nella forsennata marmaglia dell’Isis? Perché l’Europa non offre più valori e riferimenti che meritino considerazione, e ammettano che l’uomo non può essere arbitro assoluto di se stesso. E allora alcuni giovani europei si arruolano nel criminale e sballato delirio dell’Isis.

Ai ripetitivi proclami dei nostri capi di stato circa una vittoria conclusiva degli infrangibili “valori” dell’Occidente, preferisco le dimesse e accorate implorazioni del Papa, pronunciate persino con tono annoiato e annoiante, perché l’Isis, in un vittorioso soprassalto di umanità e ragionevolezza, desista dalle sue orripilanti e dementi carneficine. L’Europa snobbando laicamente Dio, subisce; l’Isis, usurpando con furore il nome di Dio al bieco urlo di “Dio è grande!”, massacra. Che Dio sia grande è fuori discussione, ma se è amore il Dio del Vangelo e il Dio del Corano, non si comprende perché l’Isis ne renda il nome così odioso agli occhi del mondo. E parimenti non si comprende come l’Occidente sia tanto freddo e menefreghista nei suoi confronti. In ogni caso, forse ingenuamente, reputo che il riferimento religioso possa essere l’unico fattore pacificante. Ma perché ciò avvenga, è necessario che l’Isis abbia il coraggio di smascherarsi e giocare a carte scoperete: il che non avverrà mai. Un primo passo in questa direzione potrebbero farlo i capoccia occidentali se sbraitassero: “in nome di quel Dio che è certamente grande, piantatela lì di massacrarci”. Il che non avverrà men che mai: il dogma del laicismo lo vieta!

BEATIFICAZIONE LAICA

Assai spesso, di una persona si vene a sapere che è esistita quando è morta. Ciò è capitato per Valeria Solesin, vittima del recente eccidio al Bataclan di Parigi. Prima della sua tragica scomparsa chi ne conosceva l’esistenza? Soltanto parenti, amici e colleghi. La sua tragica morte l’ha proiettata su una notorietà interplanetaria. Al funerale tutti hanno detto di lei ogni bene senza alcun male. Le sue doti sono state enfaticamente evidenziate dai molti che hanno partecipato al suo funerale laico. Questa enfasi veniva puntualmente controbilanciata dal sobrio commento del padre. Non è detto che un essere umano, solo perché morto tragicamente, diventi in automatico un semi-dio. Quello di Valeria non si può considerare un martirio, perché non è morta per nessun ideale: mi pare strano infatti che al Bataclan ce ne possano essere. E’ stata semplicemente un brava ragazza, che si trovava nel classico posto sbagliato al momento sbagliato. E allora comprendo i toni mestamente ridimensionanti con cui il padre ne parlava persino con affettuosa freddezza. E’ stupefacente come certe circostanze suscitino vampate di emozione popolare, che lievitano in apoteosi.

Circa la scelta del funerale laico, nulla da ridire se dovuta a mancanza di fede da parte della famiglia: vi ravviserei un atto di coraggiosa coerenza. Se invece il rito religioso è mancato perché sembrava discriminante verso altre fedi presenti al rito, allora si ripiomba nell’ormai diffusa neutralità religiosa di marchio europeo: la componente cristiana, è comunque sempre ingombrante. E’ la vecchia storia dei crocifissi nelle aule scolastiche.

Mons. Alberto Albertazzi