XXXII domenica tempo ordinario Mc 12,38-44

 
 

Affidiamo il cuore a Dio, Padre buono –

a cura di Don Gian Franco Brusa –

Gesù è davvero diverso da tutte le altre persone e lo dimostra tante volte: nel modo di pensare, di agire, di valutare le situazioni, di ricompensare il bene, di correggere chi sbaglia… Quel giorno, al tempio, vuole istruire i discepoli in modo del tutto particolare: non fa un lungo discorso per spiegare cosa significhi credere in Dio o praticare la povertà, ma indica con precisione una persona che traduce in realtà questi insegnamenti. Si tratta di una donna, vedova, povera e sola. Forse Gesù la vede pregare con molta devozione, incurante di quanti le passano accanto, concentrata sul suo Signore, con le mani alzate in segno di fiducia e di attesa. Forse lo sguardo attento di Gesù la segue quando, frugando tra le poche cose che ha, estrae una monetina di scarso valore e la mette nel tesoro del tempio, senza che nessuno se ne accorga. Perché tutti sono attratti dal rumore delle monete dei ricchi e dei potenti: quelle fanno da richiamo per la gente, che si volta e forse invidia chi può permettersi tanto denaro da consegnare a Dio. Quasi che Egli ascolti le preghiere in relazione al peso delle offerte. La donna agisce in silenzio, senza riscuotere alcun applauso.

La grandezza di questa donna sta proprio nella sua capacità di rimettersi totalmente nelle mani di Dio: non lascia fuori nulla, si impegna per il futuro ad avere il Signore come unico sostegno. Rinuncia persino a quello che ha: è poco, ma necessario per la sua vita, la sua sicurezza; la sua fede è più forte: crede che Dio non l’abbandonerà né verrà meno alle sue promesse.

Qui stanno la novità e l’esempio per i discepoli: anch’essi sono chiamati a vivere così di fronte a Dio. Gesù farà un giorno come questa vedova: anch’egli darà tutto sulla Croce. Non solo le cose, ma addirittura la propria vita. E anche in quell’occasione, pochissimi se ne accorgeranno: Maria, sua madre, l’apostolo Giovanni, il più giovane e inesperto. Com’è facile dare con una mano e tenere l’altra piena per se stessi; o fare una specie di contratto con il Signore: io faccio, se tu fai questo o quello per me. La logica dello scambio piuttosto che quella della totale gratuità. Ma il cuore di Gesù non è fatto a cassetti. È aperto a tutti, come quello del Padre che è nei cieli,: così lo invochiamo nel “Padre Nostro”.

Gli apostoli non reagiscono, restano in silenzio, sorpresi: non si aspettavano un insegnamento simile; erano abituati, come del resto noi, a pensare in modo diverso, a dare il primo posto ai potenti, ai ricchi. Il Signore, invece, non è mai egoista: dona con abbondanza a chi si affida a Lui. Alla fine della sua esistenza terrena, in Croce, affida nelle mani del Padre la propria vita. E non rimane deluso, perché il Padre gliela restituirà risuscitandolo.

Allora chiediamo al Signore di imparare a fidarci di Lui: sempre, anche quando può sembrarci di non riuscire a farcela. Gesù stesso, nel Vangelo, ci esorta a non affannarci per ciò che mangeremo o berremo o vestiremo, ma a cercare il regno di Dio; tutto il resto ci sarà dato in abbondanza. Dal cuore dell’uomo scaturiscono atti di amore quanto di odio, i buoni propositi e le macchinazioni perverse, i progetti di servizio e la fame smodata di piaceri, di soddisfazioni dell’io. Ognuna di queste realtà ha il proprio fascino: una porta alla gioia di aver superato se stessi, permettendo allo Spirito Santo di regnare nell’anima, donando una serenità interiore duratura; l’altra, superata l’ebrezza del momento, apre ben presto al sospetto, all’angoscia, alla disperazione, frutti della presenza del maligno nella vita dell’uomo.

Maria, che con il suo “Magnificat” è la testimonianza per eccellenza della gioia che viene da Dio, ci aiuti ad aprire le porte del nostro cuore alla generosità ridondante dello Spirito divino.

Buona domenica