XXV Domenica tempo ordinario Vangelo Mt 20, 1-16

 
 

Dio vuole che nessuno perisca

XXV domenica tempo ordinario
Mt 20, 1-16

Riflessione a cura delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Chiara in S.Maria di Roasio

Una lettura frettolosa di questa pericope dell’evangelista Matteo può farci apparire sufficientemente irritante e piuttosto irrazionale il comportamento del padrone della vigna. E ci viene da dire: come? Chi ha sudato una giornata intera ha la stessa paga di chi è stato una sola ora al lavoro?». E così cadiamo nel nostro consueto modo economico e mercantilistico di giudicare.
Ma fermiamo l’attenzione a come si apre il capitolo: «Il Regno dei cieli è simile a un padrone…». Ecco, siamo in un “territorio” diverso. Siamo in quell’area, verso quella meta a cui tutti giungeremo, dove la salvezza viene data in dono, puro dono del Padre ai suoi figli (Sal 127, 2). Dio stesso va in cerca degli uomini perché vuol dare loro la salvezza, anche a «quelli dell’ultima ora» che, non appena ricevuto l’invito, corsero subito a lavorare.
Noi che siamo stati invitati di buon mattino, pensiamo mai a quanto possa essere mortificante dover attendere il passare dei minuti e delle ore senza che nessuno ci assuma per un lavoro? E qual è la qualità o la quantità del nostro lavoro? Noi per i quali il Signore si è alzato presto, si è affaticato per venirci a cercare, si è seduto stanco per aver sudato nel volerci incontrare fin dall’ inizio della giornata, ci risentiamo perché «gli ultimi hanno ricevuto come noi»!
Che vantaggio esiste allora per chi ha lavorato fin dalle prime ore del giorno?
Risponde il profeta Malachia: «Duri sono i vostri discorsi contro di me – dice il Signore: «Che vantaggio abbiamo ricevuto dall’aver osservato i suoi comandamenti?… I timorati del Signore – dice il Signore degli eserciti – diverranno la mia proprietà particolare… avrò cura di loro come il padre ha cura del suo figlio… (cfr. Mal 3, 13…).
Il vantaggio dei primi è quello di aver amato il Signore e di essere stati sempre con Lui. Ecco la meraviglia! Dio non è un padrone ma il Dio della bontà e della misericordia, senza nessun perché. Assumendo fino a sera operai disoccupati e dando a tutti un salario intero, il padrone della vigna dà prova di una bontà che va oltre la giustizia, senza d’altra parte, intaccarla. Tale è Dio che introduce nel suo Regno anche uomini chiamati tardi come i peccatori e i pagani.
I chiamati della prima ora non se ne devono scandalizzare! «Essi infatti mormoravano contro il padrone…». È come il brontolio dei farisei contro Gesù che accoglieva i peccatori e mangiava con loro (Lc 15, 1…); è il rancore del profeta Giona contro il Signore, che voleva salvare gli abitanti di Ninive (Gn 4, 1…); è l’ira del fratello maggiore contro il Padre che fa festa per il ritorno del fratello minore (Lc 15, 28); è il malumore di quelli che sono “giusti” contro il Signore che è amore e grazia. Non accettano che Dio sia Dio! Lo vorrebbero come lo desiderano loro, secondo un profilo disegnato dal loro stesso orgoglio.
Se non capiamo questo, amiamo ciò che il Signore dà più del Signore stesso, Lo amiamo non per amore di Lui ma per la ricompensa che riceviamo. Egli è amore per tutti e noi tutti siamo amati gratuitamente; è un “padrone” che trasgredisce le comuni regole del mercato, che non dà secondo misura ma sempre secondo eccedenza. I limiti, le povertà, le contraddizioni di ogni uomo non possono arrestare la bontà e la gioia di Dio , il quale «vuole che nessuno perisca» perché Egli è così diverso da come siamo noi!
La nostra felicità nasce allora da uno sguardo buono, amabile, benevolo nei confronti dei fratelli, delle persone, della vita nella trama ordinaria dei giorni. Noi siamo salvati dall’amore del Padre, non da quello che abbiamo meritato. Egli è un Dio buono che allarga i confini del nostro cuore – a volte un po’ fariseo – perché riusciamo a farci entrare altri fratelli.