XXV domenica del Tempo ordinario
A cura della Fraternità della Trasfigurazione
La parabola iniziale del Vangelo odierno può suscitare in noi una notevole perplessità; essa parla di un amministratore disonesto, che non solo sperpera i beni del suo padrone ma arriva fino al punto di falsificare la contabilità senza mostrare il minimo scrupolo. Quando l’uomo ricco viene a conoscenza del modo astuto con cui questi ha cercato di risolvere il problema, lo loda per la sua scaltrezza. Naturalmente questo padrone, diversamente da quanto avviene per altre parabole, non è il riflesso del Padre dei cieli che, pur cogliendone la furbizia, non apprezzerebbe mai un comportamento disonesto. Quanto Gesù vuole mettere in risalto è l’abilità con cui l’essere umano affronta i suoi problemi, soprattutto quando si tratta di salvaguardare il proprio benessere. L’amministratore disonesto è il simbolo di questa scaltrezza, che possiamo considerare come un tentativo di salvare sé stessi con le proprie forze e nel modo più indolore possibile. Egli avrebbe, infatti, altre alternative per risolvere i suoi problemi: provare a zappare, anche se ritiene di non averne la forza, oppure sopportare la vergogna di dover mendicare; sceglie invece il modo più facile per ottenere il risultato desiderato, facile ma disonesto. Gesù non promuove questo modo di agire, ma invita a usare la stessa capacità che il figlio di questo mondo, presente dentro ognuno di noi, utilizza spontaneamente per proteggersi dai rischi della vita e procurarsi delle soddisfazioni al fine di ottenere altri tipi di ricchezze e diventare figli della luce. Seguono poi quattro avvertimenti: il primo è un invito all’uso generoso della ricchezza; essa è in sé sempre disonesta, ma se elargita con abbondanza, condivisa con i fratelli, diventa lo strumento per entrare in un modo di vivere che non avrà mai fine, perché guidato dall’amore che è eterno. Il secondo avvertimento può apparire come ovvio e banale: “chi è fedele nelle cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti”. In realtà si tratta di un’affermazione fondamentale per la crescita spirituale, che ci salvaguarda, per esempio, dal rischio di disattendere quegli impegni che riteniamo di poter tralasciare proprio perché apparentemente di poco conto. Essi, in realtà, creano delle sane abitudini, orientano verso il bene e, di conseguenza, permettono di affrontare con successo prove più gravose e importanti. Teresa di Lisieux prestava una grande attenzione nel vivere con fedeltà le piccole cose della sua giornata di monaca carmelitana, non per scrupolosità eccessiva ma in quanto tutto nella sua vita doveva riflettere l’amore sincero che nutriva per il Signore e il suo desiderio di essergli fedele in ogni cosa. Il terzo avvertimento è collegato a quello precedente e presenta, sotto forma di interrogativo, un dato evidente: la coerenza nell’uso delle ricchezze materiali è premessa fondamentale per ricevere i doni di Dio; non è possibile, infatti, entrare in relazione con Lui se, invece di condividere con gli altri, tratteniamo per noi stessi quanto possediamo. L’ultima affermazione mette in risalto una caratteristica dell’essere umano, il quale non può illudersi di vivere interiormente diviso tra due orientamenti contrastanti, che lo costringeranno a scegliere tra due direzioni incompatibili. Mammona, vale a dire una ricchezza avida e possessiva, è inconciliabile con il servizio di Dio e ogni tentativo di armonizzare i due opposti è destinato al fallimento. A noi la scelta rispetto a chi vogliamo veramente servire.