XXIX domenica del Tempo ordinario
A cura della Fraternità della Trasfigurazione
Il Vangelo odierno presenta una parabola il cui tema riguarda la “necessità di pregare sempre, senza stancarsi”. Per Gesù, quindi, la preghiera costante e duratura non è un optional, una realtà accessoria e facoltativa: è invece un’esigenza imprescindibile, come il cibo e l’aria senza i quali non potremmo vivere. Il racconto ha due protagonisti: una vedova e un giudice. La prima è una donna che, avendo perso il marito, è rimasta senza alcuna forma di protezione e, di conseguenza, in balìa di tutti coloro che vogliono approfittare del suo stato. L’unica possibilità che le rimane per tutelare i suoi diritti è di rivolgersi a un giudice. Nel caso descritto, però, il magistrato a cui potrebbe ricorrere è un uomo disonesto, “che non temeva Dio e non aveva riguardo di alcuno”, il quale si preoccupa soltanto di ottenere dei vantaggi o evitare delle seccature. Il solo motivo che poteva smuoverlo era pertanto l’interesse personale ed è proprio per tale ragione che, dopo aver resistito “per un po’ di tempo”, egli decide di far giustizia alla vedova. Le sue motivazioni sono, tuttavia, molto autocentrate: non per difendere un valore o per fare il proprio dovere egli sceglie di aiutarla, ma per evitare un fastidio, per non essere continuamente importunato. La sottolineatura dei limiti del giudice disonesto, che tuttavia accetta di farsi carico dei problemi della vedova, permette così il confronto con colui a cui possiamo rivolgerci senza stancarci per esprimere le nostre necessità: Dio. Il ragionamento a fortiori e gli interrogativi con cui Gesù commenta la parabola rispetto alla disponibilità di Dio di fare giustizia, terminano con un’affermazione netta ed estremamente rassicurante: “Io vi dico che farà loro giustizia prontamente”. Si tratta di un invito alla fiducia totale nei confronti del Padre da parte di Gesù, non tanto rispetto all’esaudimento delle preghiere quanto in merito al “fare giustizia”, tema centrale della nostra parabola tanto che l’espressione viene ripetuta per ben quattro volte. In questione, dunque, è l’agire di Dio, il suo farsi carico del debole, il suo intervento nella storia a favore dei poveri e dei buoni. Gesù rassicura riguardo alla certezza dell’azione di Dio a tutela dell’uomo e addirittura aggiunge che questo avverrà prontamente. L’interrogativo che segue, in cui egli domanda se, al ritorno del Figlio dell’Uomo, questi troverà la fede sulla terra, sembra capovolgere la questione: non si tratta di dubitare di Dio e della sua giustizia, ma di preoccuparsi della propria fede. È infatti proprio la fede, in quanto relazione filiale e fiduciosa nei confronti di Dio, che gli permette di agire a nostro favore, mentre la sua mancanza ostacola ogni intervento divino nella nostra storia. La parabola, di conseguenza, ci interpella e ci invita a interrogarci rispetto al nostro rivolgerci a Dio con la preghiera, ma anche rispetto al nostro avere a cuore le sofferenze e le fatiche di questo nostro mondo. La vedova è fastidiosa nel difendere i propri interessi ma Dio, diversamente dal giudice disonesto, accoglie volentieri chi chiede e bussa alla sua porta (cf Mt 7,7). Si tratta, di conseguenza, di fidarsi di lui e avere a cuore la vita dell’altro, non da soli, ma insieme, come fratelli. Se saremo fedeli a tale impegno non potremo dubitare dell’esaudimento di quanto chiediamo.