XIV domenica del Tempo ordinario

 
 

A cura della Fraternità della Trasfigurazione

Nella pagina che precede il brano di Vangelo odierno Luca narra un evento centrale nella vita di Gesù: “Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme” (Lc 9,52). Davanti agli occhi del Signore diventa più viva e reale la prospettiva della sua passione e glorificazione e, di conseguenza, il tempo si fa più breve. La scelta dei settantadue – numero simbolico che nella Bibbia rappresenta la totalità dei popoli pagani – nasce quindi da un’urgenza grazie alla quale si rivela il desiderio intenso e profondo di colui che è venuto “a gettare fuoco sulla terra” (Lc 12,49). Nella lettera agli Efesini Paolo parla dell’”ampiezza, lunghezza, altezza e profondità” (Ef 3,18) dell’amore di Cristo e questo brano ci conferma quanto vasto e spazioso sia il suo cuore: al suo posto noi ci preoccuperemmo di quanto sta per avvenire, della morte che si fa sempre più vicina; egli, al contrario, dimentico di sé stesso si interessa prima di tutto del nostro bene. Gesù vuole che il suo annuncio, la sua buona notizia, raggiunga il maggior numero di persone e pertanto designa un altro gruppo di discepoli oltre agli apostoli e li invia non da soli, in modo autonomo, ma a due a due, come silenziosa testimonianza del legame di comunione presente tra di loro. Prima di lasciarli partire, egli dà loro alcune indicazioni in merito al loro stile missionario ed è interessante notare come il primo imperativo non sia “andate”, bensì “pregate”. La comunione che sono invitati a testimoniare deve infatti attingere alla relazione con il Padre, di cui sono chiamati a condividere i desideri e l’amore per il mondo. Segue subito dopo l’invito ad andare, accompagnato da qualche suggerimento rispetto allo stile che deve caratterizzare l’atteggiamento dell’inviato. Le parole di Gesù costituiscono indubbiamente un invito alla povertà ma, ancora di più, incoraggiano ad assumere un atteggiamento mite, non difensivo, simile a quello di colui che, al momento della passione, sarà paragonato a un agnello condotto al macello (cf At 8,32). Per tale motivo non solo a parole ma con la loro stessa vita, entrando in una casa essi potranno davvero portarvi la pace, quella di Cristo, “disarmata e disarmante”, quale l’ha definita papa Leone XIV nel giorno della sua elezione. La semplicità con cui i discepoli si presentano non toglie loro dignità; Gesù è attento anche a questo dettaglio e di conseguenza, contro ogni possibile senso di colpa dei suoi, li rassicura rispetto al loro diritto di ricevere una ricompensa. I versetti che seguono devono destare la nostra attenzione non in quanto possibile minaccia, ma come invito ad assumere le proprie responsabilità: aver ricevuto l’annuncio del Vangelo costituisce un dono incommensurabile, che tuttavia porta con sé molti rischi; potremmo infatti rifiutarlo o accoglierlo con distrazione e superficialità. Sulla sua parola, tuttavia, sull’accettazione di quanto dice o sulla nostra mancata risposta si gioca tutta la nostra vita e per questa ragione siamo quindi invitati ad accogliere il discorso di Gesù non con paura, ma come un appello da parte di Colui che ci invita a non sprecare il dono ricevuto.