XIII Domenica del tempo ordinario LC 9,51-62

 
 

Gesù “rincorre” il cuore dell’uomo –

di padre Ermes Ronchi –

«Vuoi che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?» (v. 54). La reazione di Giacomo e Giovanni al rifiuto dei Samaritani è logica e umana: farla pagare, occhio per occhio.

«Ma Gesù si voltò e li rimproverò. E si avviarono verso un altro villaggio» (vv. 55-56). Nella concisione di queste parole si staglia la grandezza del Signore. Uno che difende perfino la libertà di chi non la pensa come lui. La logica umana afferma: i nemici si combattono e si eliminano. Gesù, invece, vuole eliminare il concetto stesso di nemico.
C’è sempre un nuovo paese, con altri malati da guarire, altri cuori da fasciare, altre case dove annunciare pace. Cristo non cova risentimenti, egli custodisce sentieri verso il cuore dell’uomo, conosce la beatitudine del salmo: «Beato l’uomo che ha sentieri nel cuore» (Salmo 84,6). E il Vangelo diventa viaggio, via da percorrere, spazio aperto. E invita il nostro cristianesimo a non recriminare sul passato, ma ad iniziare percorsi. Come accade anche ai tre nuovi discepoli che entrano in scena nella seconda parte del Vangelo e chiedono di seguire il Signore; la sua risposta è che le volpi hanno tane, gli uccelli nidi, ma egli non ha dove posare il capo (v. 58).

Eppure non era esattamente così. Gesù aveva cento case di amici e amiche felici di accoglierlo a condividere pane e sogni. Con la metafora delle volpi e degli uccelli Egli traccia il ritratto della sua esistenza minacciata dal potere religioso e politico, sottoposta al rischio, senza sicurezza. Chi vuole vivere tranquillo e in pace nel suo nido sicuro non potrà essere suo discepolo.

Noi siamo abituati a sentire la fede come conforto e sostegno, pane buono che nutre, gioia. Ma questo Vangelo ci mostra che la fede è anche altro: un progetto da cui si sprigiona la gioiosa fatica di aprire strade nuove, la certezza di appartenere ad un sistema aperto e non chiuso. Il cristiano corre rischio di essere rifiutato e perseguitato perché, come scriveva Leonardo Sciascia, «accarezza spesso il mondo in contropelo», mai omologato al pensiero dominante. Vive la beatitudine degli oppositori, smonta il presente e vi semina futuro.

«Lascia che i morti seppelliscano i loro morti» (v. 60). Una frase durissima, che non contesta gli affetti umani, ma che si chiarisce con ciò che segue: «Tu va’ e annunzia il Regno di Dio» (v. 60). Tu fa’ cose nuove. Se ti fermi all’esistente, al già visto, al già pensato, non vivi in pienezza. «Non pensate pensieri già pensati da altri», scriveva padre Vannucci.

Noi abbiamo bisogno di freschezza e il Signore ha bisogno di gente viva. Di gente che, come chi ha posto mano all’aratro, non guardi indietro a sbagli, incoerenze, fallimenti, ma guardi avanti, ai grandi campi del mondo, dove i solchi dell’aratro sono ferite che si riempiono di vita.