VI Domenica di Pasqua Gv 15,9-17

 
 

Diventiamo missionari dell’amore –

a cura di Don Gian Franco Brusa –

Nel tempo pasquale il popolo di Dio è invitato a far scaturire la missione della contemplazione, che è stupore e ammirazione per quanto si è verificato nel mattino del giorno di Pasqua, quando sono stati finalmente sciolti i malefici nodi della morte e Cristo, il Figlio di Dio, è risuscitato donando agli uomini la vita eterna.

Il racconto giovanneo dell’ultima cena si trasforma allora in un momento lungo e denso, durante il quale Gesù continua a impartire insegnamenti ai suoi discepoli.

La parte del capitolo 15 proposta questa domenica illustra in maniera esemplare che l’insegnamento del Signore è rivelazione del piano d’amore del Padre, il quale tutto muove a causa dell’amore. Chi ascolta il brano rimane senz’altro stupito dall’uso ripetuto del verbo «amare» (cinque volte) e del sostantivo «amore» (quattro). Il primo soggetto del verbo è il Padre e Gesù enuncia una verità fondamentale: l’amore che il Padre nutre per lui, il Figlio; avendogli mostrato ciò che deve fare, ed essendo il Figlio imitatore del Padre, Cristo riversa lo stesso amore su di noi. Per essere agganciati da Gesù al Padre, allora, occorre «rimanere nell’amore», espressione che serve anche a non trascurare quanto l’evangelista ha già evidenziato nella parabola della vite e dei tralci.

Rimanere nell’amore, ossia dimorare in Cristo, non è facile; per questo Egli ci indica una via infallibile: osservare i suoi comandamenti allo stesso modo in cui Egli ha obbedito alla volontà del Padre. Osservanza dei comandamenti e permanenza nell’amore rappresentano i due pilastri che danno origine alla gioia piena.

Ottemperare ai comandamenti non è una banale riproposizione della legge mosaica; essi, infatti, si condensano in uno solo: amarsi gli uni gli altri. Esiste una catena dell’amore, che parte dal Padre, passa al Figlio e giunge sino a noi. A Cristo, però, spetta di dare una dimostrazione grandiosa dell’amore, offrendo la vita per i propri amici. In questo si realizza la concretezza dell’amore. Nell’obbedienza totale al Padre, Gesù rimette la propria vita affinché noi riceviamo la vita eterna in abbondanza. Chi fa come Lui, amando senza riserve, diventa suo amico al quale Egli apre il cuore in cui sono racchiusi i segreti che il Padre vuol far conoscere all’umanità.

Affermando questo, Gesù intende fornire ai discepoli i criteri per leggere il momento, umanamente scandaloso ma gliorioso secondo la prospettiva divina, dell’innalzamento sulla croce, che diventa il luogo del comandamento supremo, in cui si giunge alla perfezione, perché richiama l’idea di portare a compimento qualcosa. L’amore che i discepoli, in primo luogo i dodici e tutti i cristiani dopo di loro, devono concretizzare è diventare missionari, per estendere a tutti gli uomini la possibilità di essere amici di Cristo, nostro intercessore presso il Padre.

Il brano evangelico si conclude con una formula sintetica, in cui emerge la preoccupazione prevalente di Gesù: instillare nei suoi discepoli l’ideale della perfezione dell’amore scambievole, che fa entrare nella piena intimità con Dio Padre e fa crescere nella gioia di adempiere la missione dell’annuncio di salvezza a tutti i popoli della terra. La missionarietà tocca a ciascuno di noi: dobbiamo portare l’amore di Cristo ai fratelli che incontriamo lungo il nostro cammino.

Buona domenica