Spirito Santo, il dono che vivifica la Chiesa – Domenica di Pentecoste

Con la Solennità di Pentecoste, la gioia pasquale raggiunge la sua massima fecondità: tutto il disegno di Dio Padre, già realizzato nel supremo atto di amore di Gesù con la sua morte e risurrezione, attraverso il “ dono” dello Spirito Santo, si universalizza dilatandosi  a tutte le nazioni e a tutta la storia, configurando con la sua forza tutta la realtà a Cristo.
La Sacra Scrittura ci rivela fin dalle origini che l’energia capace di muovere il mondo non è una forza cieca, oscura e anonima, ma è l’azione dello “Spirito di Dio che aleggiava  sulle acque” (Gn 1, 2) già all’inizio della creazione.

A Pentecoste, invece, che cosa accade facendone la differenza? Innanzitutto termina il cammino storico di Gesù e inizia il cammino della Chiesa accompagnata dalla presenza dello Spirito Santo (il frutto personale dell’amore fra il Padre e il Figlio), che trasforma i cuori; non imponendo dall’esterno la condotta che Dio attende da noi, perché ce la ispira dal più profondo di noi stessi, con un atteggiamento filiale nei suoi confronti. E’ questo l’evento che dà forma iniziale e spinta missionaria alla Chiesa. Ce lo attesta l’avvenimento stupefacente dei testimoni presenti: «… tutti stupiti e meravigliati andavano dicendo… come mai noi li udiamo parlare ciascuno nella propria lingua nativa?» (At 2, 8). Sì, dove c’era divisione ed estraneità, nascono unità e comprensione!

Per questo la Chiesa può essere compresa solo a partire dallo Spirito Santo quale “luogo” della sua azione nel mondo e non come semplice apparato organizzativo!
Nel Vangelo di Giovanni che oggi è stato proclamato (il capitolo 20 è la conclusione), appare la scena dei discepoli che incontrano Gesù risorto, un evento inaspettato e di massimo interesse: è il primo discorso che Cristo rivolge a loro dopo che è asceso al Padre. La prima espressione del discorso, “Pace a voi!”, è in netta contrapposizione con la paura e il timore che i discepoli stavano sperimentando, perché forse sarà loro imputata la scomparsa del cadavere?

Ed è significativo che Gesù non formuli un saluto ordinario, il solito shalom giudaico;  si tratta, infatti, del  “dono” effettivo della pace, conformemente a quanto Egli aveva promesso nel discorso di addio (Gv 14, 27).
Già nell’Antico Testamento la pace era considerata un dono divino, un bene supremo, perché Dio persegue senza stancarsi il proprio progetto, assicurando la sua presenza in mezzo al suo popolo (Is 9, 5; Mic 5,4).
Ora, invece, accade l’inaudito: Dio non trattiene più nulla di sé ed effondendo il suo Spirito, viene ad “abitare” in noi! (Gv 14, 17).

Nel proseguire, vediamo che dopo l’iniziativa di Gesù di essersi reso presente ai discepoli, è descritta la seconda fase dell’apparizione: Egli si fa riconoscere come Colui che è stato crocifisso… e i discepoli furono pieni di gioia! Il riconoscimento immediato e senza riserve non è un fatto puramente sensibile, ma è il frutto di una maturazione del cammino di fede che si approfondisce accogliendo anche le prove più “crude”, scoprendo che ormai la relazione con il Signore è definitiva!

Essi, però, sono invitati ad aprirsi all’avvenire del mondo, in cui dovranno esprimersi e dispiegare le ricchezze del presente sperimentate nel contatto con il Signore risorto… Con la comunicazione dello Spirito Santo, ogni uomo potrà essere raggiunto per accogliere e portare nella propria vita Gesù, con la sua vitalità! Questo accadrà in modo particolare quando ci saranno persone bisognose di perdono per ritrovare il proprio cammino nella Verità.

Si conclude così la presenza di Gesù tra i discepoli la sera di Pasqua. Egli è stato tutto un dono d’amore e la fede maturata gradualmente ha permesso un’accoglienza senza limiti del Risorto e di tutti i suoi doni, sviluppando una vera reciprocità di amore.

Lo Spirito Santo è in Dio il mistero più alto e prezioso: apriamoci senza remore, affinché sia Lui a introdurci nel suo mistero di Amore!