Solennità di Pentecoste Gv 14,15-16.23b-26

 
 

Lo Spirito di Dio ci apra il cuore –

a cura di Don Luciano Condina –

Con la Pentecoste la Chiesa nascente riceve tutto ciò che le permette di iniziare il proprio ministero nel mondo. La Chiesa apostolica riceve Colui che la rende diversa da tutte le altre Chiese e religioni passate, presenti e future. Spesso si dibatte sulle varie tradizioni religiose, sui punti in comune, cadendo in relativismi e sincretismi che portano a vedere, in fondo, le stesse cose in tutte… Tralasciando i punti di contatto – che sono i molti valori naturali comuni alle varie tradizioni – c’è una cosa che distingue la Chiesa cattolica apostolica romana (e la Chiesa ortodossa) da tutte le altre religioni, e confessioni: il possesso dello Spirito Santo. Sì, possiamo proprio parlare di possesso, perché la Chiesa è lo spazio entro cui soffia, in quanto è agli apostoli che Gesù lo dona soffiando – una settimana dopo la resurrezione –  ed è su di loro con Maria che lo Spirito Santo scende in abbondanza e pienezza, affinché guidi, insegni, consoli e ricordi ogni cosa, trasformando in suoi ministri chi lo riceve. Questo dato è importantissimo: lo Spirito Santo non si riceve da soli, si riceve insieme con altri, ed è un’esperienza ecclesiale, non privata.

E viene all’improvviso dal cielo, un fragore, quasi un vento che si abbatte gagliardo. Lo Spirito Santo è vento, fortissimo, fa volar via le cose vecchie, erode anche le rocce, cambia le situazioni in maniera impetuosa. Lo Spirito Santo è fuoco, è un impeto che ci entra nell’animo ed è uno zelo nuovo per cui siamo spinti da un vento invisibile che si vede nelle opere, ma che è sempre, comunque, qualcosa di più grande di noi; ci sfugge, resta sempre invisibile e riempie tutta la casa dove stavano gli apostoli. Lo Spirito Santo non è dato con la parsimonia degli uomini, sempre misurati: Dio lo dona in pienezza ed è fermato solo dalle porte chiuse dei cuori degli uomini.

Sugli apostoli e Maria appaiono lingue come di fuoco, che si dividono, si posano su ciascuno di loro; colmati di Spirito Santo, cominciano a parlare in altre lingue nel modo in cui lo Spirito dà loro il potere di esprimersi. Quelle lingue di fuoco sono la lingua dello Spirito Santo che accende l’uomo e gli dà una parola nuova. Non si può parlare una lingua nuova senza la lingua di Dio che è fuoco, una scrittura di Dio nel cuore. Ciò che nel Sinai viene inciso sulla pietra, nella Pentecoste viene inciso nel cuore, e ciò che prima era esterno nell’uomo ora diventa interiore. L’ampio elenco geografico di stranieri, citato con dovizia di particolari nella prima lettura, indica che  tutti i tipi, tutte le forme dell’uomo possono essere toccate da questa lingua nuova.

Quando gli stranieri si capiscono? Cosa introduce una comunicazione che varca la barriera dell’alterità? Lo Spirito Santo ha questo potere, perché introduce nell’uomo ciò che è comune a tutti: il peccato e l’odio; l’amore, ciò per cui l’uomo è nato, esclusiva prerogativa umana; è ciò che porta all’altro, al saper comunicare con l’altro.

La Pentecoste annunzia la rottura delle barriere fra le persone per opera dello Spirito Santo, per un fuoco che entra nell’uomo e ci ribadisce da dove nasce la comunicazione: dall’amore. La vera unità delle persone non scaturisce dalle regole, dalle comunità economiche o politiche, ma dall’amore; ed è lì che si fonda la vera unità fra tutte le nazioni.