Solennità Ognissanti Mt 5,1-12a

 
 

– a cura di Mons. Sergio Salvini –

L’ordinario diventa straordinario –

La solennità dei Santi vuole ricordare che la santità è una caratteristica specifica della vita cristiana. Giovanni Paolo II parlava di essa come della «misura alta» della vita cristiana.

Il concilio Vaticano II, nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium, affermava: «…tutti nella Chiesa, sia che appartengano alla gerarchia sia che da essa siano diretti, sono chiamati alla santità» (n. 39). E ancora, secondo quanto già affermava Pio XI nel 1923: «Tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità» (n. 40).

La consistenza della santità non sta nelle cose straordinarie, ma nelle cose comuni. E la storia della Chiesa, aperta all’opera della grazia, è ricca di uomini e donne che hanno fatto dell’ordinario lo straordinario della loro vita. Ognuno di noi è chiamato a farsi santo, a lasciare che il Signore prenda possesso della sua vita.

La santità che celebriamo è quella di Dio, ma avvicinandoci a Lui ne veniamo come contagiati e permeati. Ognuno è chiamato a rispecchiare tutto ciò che di più bello e grande esiste nel suo cuore; a coltivare la nostalgia della santità, di ciò che siamo chiamati a diventare; a riappropriarsi dei santi, invocando da questi amici di Dio il segreto della loro felicità.

Pietro dona la sua fede rocciosa, Paolo la forza della fede, Eusebio la dedizione totale fino all’esilio, Francesco la perfetta letizia, Domenico l’anelito dell’annuncio missionario, Vincenzo e Teresa di Calcutta la cura per i poveri, Giovanni Bosco quella per i giovani, Teresa di Lisieux la semplicità dell’abbandono a Dio, … Così, insieme, noi quaggiù e loro già davanti al Signore, cantiamo la bellezza di Dio in questo giorno che è nostalgia di ciò che potremmo diventare, se accettiamo di aprirci alla forza della sua presenza e della sua azione!

La santità si fa, in questo modo, anche speranza e tensione al Regno di Dio e perciò diventa impegno generoso, capacità di distacco e di donazione umile e servizievole, che porta l’anima a quel rapporto profondo con Dio, capace di riempire il cuore di semplicità, di fiducia, di vera novità di vita. Per il Battesimo, già ora siamo realmente partecipi della vita divina, siamo Figli di Dio. La santità quindi non è solo una realtà che riguarda il futuro, ma è già un bene che possiamo godere nel presente.

Questa domenica il nostro sguardo si innalza al cielo, alla «città santa», per pregare coloro che hanno compiuto il pellegrinaggio terreno e vivono nella comunione piena con Dio. Lunedì volgeremo lo sguardo in basso, sulla città terrena, e andremo al cimitero, per pregare sulle tombe dei parenti, degli amici, dei conoscenti, che riposano nella pace del Signore. «In faccia alla morte – annuncia il Concilio – l’enigma della condizione umana raggiunge il culmine.

L’uomo non è tormentato solo dalla sofferenza e dalla decadenza progressiva del corpo, ma anche, ed anzi, più ancora, dal timore di una distruzione definitiva. Ma l’istinto del cuore lo fa giudicare rettamente, quando aborrisce e respinge l’idea di una totale rovina e di un annientamento definitivo della sua persona».

La fede cristiana ci rassicura che «se ci rattrista la certezza di dover morire, ci consola la promessa dell’immortalità futura. La vita, infatti, non è tolta, ma trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un’abitazione eterna nel cielo».

La commemorazione dei defunti che evoca affetti, ricordi, promesse e sofferenze, implori la luce perpetua del Dio vivente per i nostri cari che sono in cielo, e per tutti noi la pace che attendiamo «la beata speranza e la venuta del nostro Salvatore Gesù Cristo».