Saetta previsa vien più lenta

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a cura di Mons. Alberto Albertazzi

alberipazzi@gmail.com

“SAETTA PREVISA VIEN PIU’ LENTA”. Così dice Dante all’antenato Cacciaguida dal quale spera notizie circa il suo futuro (Paradiso XVII 27). Aveva ragione. Se uno si aspetta una botta, quando arriva fa meno male. Un esempio banale: una bocciatura scolastica attesa duole meno di una bocciatura inattesa. Certe cose si possono prevedere: in tal caso, se sono spiacevoli si tenta di correre ai ripari. Fatte queste premesse veniamo alle nostre faccende. Non è affatto imprevedibile che il numero dei parroci sul nostro territorio diocesano, come altrove, sia destinato a ridursi ulteriormente. Basta mettere a confronto l’età media degli attuali con le striminzite risorse vocazionali. Allora che fare? Vedo due opzioni e un’eventualità peraltro molto probabile. E parto da quest’ultima.

A. Probabilità: in un futuro neppure troppo in là, moltissimi faranno volentieri a meno della Chiesa. Se i cristiani adulti di domani saranno i cresimati di oggi, è arcievidente che le chiese saranno sostanzialmente vuote. La cresima, altrimenti detta confermazione nella Chiesa, è oggi vissuta come il sacramento della diserzione dalla Chiesa. Con buona pace della Conferenza Episcopale Italiana che sembra più preoccupata di dare lavoro agli italiani. Ovvio che in questa situazione non sarà più necessaria la messa domenicale per il vuoto. E i parroci superstiti non dovranno massacrarsi in fatiche pastorali, restando però il dovere evangelico di andare in cerca delle pecore smarrite. Nel qual caso la fatica dei parroci aumenterà iperbolicamente. Allora sì che ci sarà la più volte autorevolmente proclamata “chiesa in uscita”! Ma si potrà pretendere che pochi parroci ultra settantenni escano a dialogare con la gente di questioni che non interessano affatto perché Dio è fatto fuori e con Lui i temi connessi? E’ stato molto più facile per san Paolo ad Atene (At 17,16-21) ancorché pagana, perché in ogni caso interessata al tema del divino.

B. Prima opzione: “fatevi aiutare”, ossia: “cari parroci procuratevi un solido volontariato”. Il volontariato c’è e non lo ringrazieremo mai abbastanza, ma è un volontariato più o meno coetaneo degli attuali non sempre giovanissimi parroci. Inoltre il volontariato è fragile per definizione, in quanto il volontario “volontaria finché ha voglia di volontariare”. Inoltre oggi c’è la tendenza a pretendere dal volontario una competenza specifica che va ben oltre i limiti del volontariato. Si sono infatti tenuti dei corsi di addestramento in specifici settori di volontariato parrocchiale. Sarebbe più corretto ed efficace a parer mio trasformare il volontario in lavoratore dipendente, con tutti i diritti e doveri, come scrissi sul foglio settembre 2016. In soldoni: morto un parroco, il suo assegno di sostentamento erogato dall’Istituto Centrale è girato a un volontario che cessa di essere tale, passa in regime contrattuale e si prende cura di determinate chiese che gestisce nel limite delle sue prerogative. E l’Episcopal-Sindacato CEI sarebbe soddisfatto per avere prodotto lavoro! Mi rendo conto che questo è un progetto avveniristico, ma credo che sia opportuno cominciare a pensarci.

C. Seconda opzione: semplificare il lavoro ai parroci superstiti. Qualche esempio.

1 – togliersi dalla testa che in tutte le parrocchie ci debba essere la messa festiva, stabilendo un regime di alternanza fra parrocchia e parrocchia, onde rallentare il deperimento delle chiese;

2 – semplificare i funerali, in modo che lo stesso parroco ne possa smistare magari anche tre nello stesso giorno, senza tirare le cuoia anche lui. Quindi eliminare i cortei funebri a piedi (1), breve sosta in chiesa e messa funebre la prima domenica del mese per tutti i defunti del mese precedente; individuare una “chiesa funebre” costantemente allestita a funerale, per tutti i funerali del plesso onde snellire le operazioni di sacrestia;

3 – unificare nel medesimo cestino tutte le questue del plesso, onde attingere secondo le necessità delle singole parrocchie. Parlo solo di questue, non di altre entrate, in modo da dare un po’ di respiro a parrocchie che raccattano sui 15 euro la settimana.

4 – Eccetera.

Sto correndo troppo? Può darsi ma è sempre a motivo di quella saetta dantesca. Se ci si mentalizza per tempo si è più attrezzati almeno ad adattarsi a una situazione da ultima spiaggia. C’è anche un principio meccanico da tener presente: una macchina più è sotto sforzo più presto si scassa. Ciò vale anche per i parroci, ma con una differenza: una macchina fuori servizio si sostituisce, ma un parroco ? … Per attuare la seconda opzione c’è un formidabile nemico da abbattere: il campanilismo. Su quanto ho detto fin qui teoricamente si è tutti d’accordo perché ho viaggiato sul filo dell’evidenza. Ma quando si tratta di attuare avanzano le resistenze …

(1) Provvedimento spiacevole perché un corteo funebre in transito è la più eloquente di tutte le catechesi, ma bisogna fare di necessità virtù.