L’attrazione materna

 
 

Lo scorso 8 dicembre, nell’occasione del suo trentesimo di ordinazione episcopale, padre Enrico Masseroni ha tenuto l’omelia di cui ci ha trasmesso il testo.

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8 dicembre 2017

L’attrazione materna

Solennità dell’Immacolata
30ennio di episcopato

Gen 3,9-15; Ef 3,6; Lc 1, 26.38

1. C’è una differenza tra la solennità dell’Immacolata e tutte le altre ricorrenze mariane che costellano l’anno liturgico. Oggi la Chiesa invita a contemplare un volto, e ti dice: “Guarda come è bella tua madre”.

Nelle altre celebrazioni infatti la comunità cristiana ricorda date significative di Maria; come la sua natività, la presentazione al tempio, la visitazione, sino alla Pasqua dell’estate: la Sua assunzione al Cielo.

Oggi, festa solenne dell’Immacolata, i credenti sono chiamati a posare lo sguardo sul capolavoro creaturale di Dio, sull’identità di Maria, sulla sua vocazione, che è la maternità. Maria è innanzitutto madre.

A Nazareth divenne madre del Verbo fatto uomo; sul Golgota divenne madre di Giovanni, rappresentante della Chiesa e dell’umanità.

Per questo ho provato non poco stupore posando lo sguardo sul titolo di un libro, in vetrina da poche settimane. L’autore è noto come non credente: è il filosofo Massimo Cacciari che ha scritto un libro dal titolo “Generare Dio”. Naturalmente ho avvertito il bisogno di scrivergli per ringraziarlo: “Caro professore le sono grato perché ha scritto “bene di mia madre”. Nel giro di un’ora mi è arrivata la sua risposta.

Maria, la madre tenerissima: ho imparato a conoscerla nella lontana preadolescenza in seminario. Il carissimo padre spirituale, da tempo in paradiso, ogni anno ci ricordava come l’Immacolata fosse la festa più importante dell’anno liturgico e invitava a fare la propria firma su una piccola pergamena, che veniva poi racchiusa nel “cuore d’oro”di Maria. Era commovente quando il padre ci ricordava che tutti avevamo il nostro nome racchiuso nel cuore della Madre.

Questa immagine venerata nella cripta del seminario di Novara, è densa di memoria : davanti a quell’icona si è pregato, si è pensato e si è deciso; soprattutto nel silenzio si sono dissolti i dubbi, le incertezze; si è pensato in grande la giovinezza nella direzione del dono al servizio del Regno. Davanti a quell’immagine, negli anni dell’adolescenza sognante, si sono prese decisioni definitive che hanno segnato la vita.

2. La parola di Dio ascoltata questa sera, apre davanti al nostro sguardo un luminoso trittico, tre quadri dai colori intensi, illuminati dal sole della fede, tre genesi.

In mezzo sta il grande disegno di Dio sul mondo, tratteggiato da Paolo nella lettera agli Efesini: “Il Padre ci ha benedetti, ci ha scelti per essere santi e immacolati . Questa è la prima genesi che si colloca prima della creazione del mondo. (v.3.4). In Paolo c’è una sorta di incanto adorante: egli contempla il progetto del Padre.

Ma la Parola di Dio ci fa pure ritornare nell’Eden, dove il secondo quadro racconta il progetto fallito dell’uomo, il quale ha creduto di mettersi follemente al posto di Dio e cade nella paura, è confuso nella sua identità; è coperto di vergogna; è nudo, incapace di alzare lo sguardo sulla bellezza di Dio. La nudità biblica evoca l’uomo che si nasconde e insieme richiama l’estrema povertà. Dio chiamò l’uomo e disse: “Dove sei?”. L’uomo della seconda genesi è assoluta inidentità. Questa è la drammatica esperienza delle origini.

3. Ma è l’esperienza che non manca di ripetersi nella storia del mondo. Negato Dio dalle cattedre universitarie, dai filosofi chiusi alla trascendenza, rimane l’uomo distrutto nella sua identità.

Oggi nell’Europa post-cristiana soffia il vento di una filosofia contro l’uomo, con la teoria del gender, secondo la quale non esiste più l’identità di papà e mamma o della famiglia. Tutto giace tra i ruderi di una confusione universale.

Il secolo XIX, erede di un illuminismo che ha distrutto il volto di Gesù come Figlio di Dio, ha mandato in soffitta Dio.

Il secolo XX, quello alle nostre spalle, ha relegato in soffitta la persona; il secolo annunciato da Niezsche come il secolo dell’uomo è il secolo più violento della storia; basti pensare alla strage degli innocenti nel grembo materno; alle guerre che non hanno mai fine. Il tempo post-bellico considerato di pace ha ucciso più persone della stessa guerra.

Il secolo XXI, che stiamo vivendo sta condannando allo stesso destino la famiglia. La drammatica esperienza originaria si ripete anche oggi: “uomo dove sei!”.

Con il fallimento della prima copia umana Dio chiede all’uomo dove sia finito, nella sua irresponsabilità. L’uomo non sa più chi è .

4. Ma sul “no” dell’uomo a Dio nell’Eden, a Nazareth risulta vincente il “sì” di una donna, l’immacolata. Nel vangelo di Luca Maria viene colta in positivo; non è solo colei che è esente da colpa originaria, Maria, è la “piena di grazia”. Per questo l’annuncio del mistero gaudioso di Maria riporta il sorriso sul volto dell’umanità.

Per questo il nome dell’immacolata non dice soltanto esenzione da colpa, ma esprime la totale appartenenza a Dio: “totus tuus

Ma anche a Nazareth risuona una domanda. Maria chiede a Dio come sia possibile rientrare nel suo disegno salvifico.

Il chiedere di Maria si esprime con due espressioni: la prima è un turbamento: “Fu molto turbata e si chiedeva che senso avesse un tale saluto”; la seconda è un interrogativo: “Come è possibile?

Siamo in tempo di Avvento; anche Maria ha vissuto l’Avvento come attesa dell’Atteso.

Massimo Cacciari nelle prime pagine del suo libro si chiede: “Con quale nome chiamare questa fanciulla dolcissima e dolente che sembra quasi invitarci a partecipare al respiro del suo bimbo addormentato?”

Anche il nostro tempo di Avvento ci suggerisce di interrogare Dio. Se l’uomo non interroga più Dio, si torna nell’Eden della confusione. Il segno più evidente del coma sociale della fede è l’incapacità di interrogare Dio. Si vive la mediocre compagnia della chiacchiera, senza domande e senza risposte.

Oggi si continua a parlare di violenza sulla donna, sui bambini.

Papa Giovanni Paolo II ha parlato del “genio femminile”. Ma il segreto più prezioso del genio femminile è l’”attrazione materna”, è la capacità di dono. Fuori della prospettiva del dono non c’è amore vero, non c’è amore fedele, non c’è amore fecondo.

L’Immacolata, la donna madre, chiama soprattutto la donna a riconciliarsi con la vita.

Per questo anche noi ci chiediamo:

– è ancora possibile il vangelo delle beatitudini in un mondo che proclama la beatitudine dei furbi?

– è possibile restituire al grembo della donna la dignitosa difesa della vita?

– è possibile riscoprire nella fede una vita più umana?

– è possibile salire l’altare per celebrare l’amore, con un cuore puro, quando d’attorno c’è mal odore di palude?

– è ancora possibile vivere l’amicizia con Dio quando certi valori vengono ironicamente censurati sulle piazze dei mass-media ?

Su tutte queste domande scende efficace la straordinaria risposta di Dio: “Lo Spirito Santo scenderà su di te…Nulla è impossibile a Dio” (v.38).

Ho un pensiero che dona a voi e a me una gioiosa speranza ricordando il mio 30ennio di ordinazione episcopale. Non posso dimenticare che ogni chiamata di Dio è opera corale; ci sono molti lavoratori nella vigna di Dio, il quale non dimentica nessuno. Il mio ministero ormai giunto a sera tarda, continua…: ci siete tutti nella mia preghiera quotidiana. Ci siete particolarmente voi ammalati, voi bambini, voi anziani, voi giovani, voi senza la speranza di un lavoro e di una casa. Dio è in ascolto di ciascuno.

Padre Enrico Masseroni