III domenica di Quaresima Lc 13,1-9

 
 

– La presenza di Dio è amore –

a cura di Mons. Sergio Salvini –

Gesù racconta la parabola del fico sterile perché vuole evidenziare un “nuovo” aspetto di Dio, che annuncia un diverso modo di interpretare la storia e gli eventi: la sua presenza è tutta amore e misericordia.

Nella parabola possiamo scorgere, da un lato, il padrone che, non trovando frutti sull’albero, ordina al contadino di tagliarlo; dall’altro, vediamo lo stesso padrone che, dopo avere ascoltato la risposta, rinvia la decisione nella speranza che il lavoro del contadino renda, finalmente, fertile l’albero.

Il centro del racconto è caratterizzato dalla consapevolezza che ci deve spingere a ripensare il nostro modo di vivere, a un cambiamento che vada alla radice delle nostre azioni e decisioni.

Questa parabola ha lo scopo di ribadire la minaccia del giudizio imminente e il conseguente appello alla conversione: «Venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò». È come se Gesù volesse mettere in guardia da possibili equivoci.

C’è chi pensa: ormai è troppo tardi, la pazienza di Dio si è esaurita; oppure: Dio è paziente, c’è sempre tempo. La giusta posizione è un’altra: Dio è paziente, Dio è misericordioso, ma la sua pazienza non si può programmare, le possibilità di salvezza sono sempre aperte: «Signore, lascialo ancora quest’anno, che io abbia tempo di dissodare e concimare il terreno». Il tempo che si prolunga è segno di misericordia, non assenza di giudizio.

L’aspetto più importante della parabola è il dialogo tra il padrone della vigna e il contadino: «Lascialo ancora tre anni». Tra i due si instaura un rapporto di intercessione per l’umanità arida e indifferente. Il Cristo tenta, quindi, di provocare una possibilità che l’albero si metta a produrre frutti anche attraverso il suo benefico aiuto. Non vuole che il lavoro di «tre anni» del suo intenso ministero di morte e risurrezione sia inutile e supplica il Padre di attendere ancora dodici mesi, finché finalmente l’albero riesca a sbocciare, a fiorire, a fruttificare in una risposta di amore e di fecondità.

Le Scritture più volte attestano che la “pazienza” è una delle prerogative più importanti di Dio: Dio è il “paziente”, è “il misericordioso”. Fin dal giorno della creazione il Signore è innamorato dell’uomo, fortemente interessato e pienamente impegnato verso tutti gli “alberi” che non producono frutto. Dio tollera, Dio educa: la misericordia trionfa sul giudizio.

La misericordia vissuta in modo “paziente”, può davvero diventare un modo nuovo di intendere la vita da parte nostra, può davvero illuminare non solo il nostro rapporto con il Padre ma addirittura quelli tra di noi, ponendo le basi di nuove relazioni. Viverla in senso evangelico presuppone che l’uomo di oggi entri in una nuova dimensione dei rapporti umani: quella della conoscenza della gratuità di Dio e dell’amore disinteressato di Cristo per ognuno di noi, così come siamo.

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“Misericordia: è la parola che rivela il mistero della SS. Trinità. Misericordia: è l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro. Misericordia: è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita” (Misericordiae Vultus, 2)