II domenica di Quaresima Mc 9,2-10

 
 

Trasfiguriamoci nell’interiorità –

a cura di Don Gian Franco Brusa –

Il brano evangelico di questa seconda domenica di Quaresima riporta l’evento della Trasfigurazione.
Gesù, dopo aver insegnato per i villaggi di Cesarea di Filippi, chiamò a sé Pietro, Giovanni e Giacomo, gli apostoli più cari, e li invitò a salire con lui sul monte Tabor. Giunti sulla cima, si trasfigurò cambiando aspetto: i suoi vestiti e il suo volto divennero così bianchi, così splendenti che, osserva Marco, nessun lavandaio avrebbe potuto renderli tali. Oltre a questo evento straordinario, i tre apostoli videro apparire anche Mosè ed Elia. Pietro fu molto spaventato dalla visione ma, nello stesso tempo, felice, tanto che propose a Gesù di preparare lì tre capanne: una per il Signore, una per Mosè e una per Elia e trattenersi un po’ di tempo in quel luogo. All’improvviso si formò una nube che ricoprì tutti i presenti e si sentì una voce che invitava ad ascoltare Gesù in quanto Figlio molto amato da Dio. Gli apostoli, sbigottiti, si guardarono intorno, ma non videro nessuno.

Giunto il momento di scendere dal monte, Gesù raccomandò loro di non raccontare nulla di quanto avevano visto e sentito, se non dopo la sua morte e risurrezione. Pietro, Giovanni e Giacomo obbedirono al comando del Maestro, ma non riuscirono a comprendere ciò che significasse risorgere dai morti. Gesù allora spiegò loro che di lì a poco avrebbe passato momenti di sofferenza, che però sarebbero serviti per portare a compimento la piena volontà del Padre.

Il passo del Vangelo di Marco ci permette di affrontare alcune riflessioni. Gesù è venuto per la nostra salvezza e a volere la sua incarnazione è stata Dio, suo Padre. Il fatto di essere Figlio prediletto, non gli ha risparmiato ogni sorta di sofferenza e addirittura la morte, per poterci salvare. Attraverso la Trasfigurazione, attraverso questo cambiamento d’aspetto, Gesù ci mostra e rivela chi è Dio; nel suo volto splendente si manifesta la luce di Dio: non solo un’immagine esteriore, ma una trasformazione possibile grazie al fatto che Egli è Dio, come suo Padre. Gesù, poi, conferisce un nuovo significato alla sofferenza: essa fa parte della sua vita come della vita di tutti noi. Egli l’ha accettata ed è diventata la chiave che ci ha aperto le porte della vita eterna: infatti, le offese ricevute, le percosse e la morte non sono state inutili, ma sono servite alla nostra salvezza.

Anche noi, allora, come Gesù dobbiamo trasfigurarci, cioè dobbiamo cambiare aspetto nella nostra interiorità. E riusciremo nell’intento mettendo in pratica gli insegnamenti di Gesù, riconoscendolo come l’unico Salvatore, partecipando all’Eucarestia domenicale per prepararci efficacemente alla Pasqua.

Buona salita sul Tabor della nostra vita.