CEI: padre Vianelli e la “Rete che ascolta”

 
 

Coordinamento nazionale e sinergia: sono le parole d’ordine di una “Rete che ascolta”, il neonato progetto della Chiesa italiana che ha l’obiettivo di «ascoltare i bisogni delle famiglie messe in difficoltà dalla pandemia, aiutarle e sostenerle in questa difficile fase di ripartenza».

Ad illustrare l’iniziativa, decollata il 1° luglio, è padre Marco Vianelli, responsabile Ufficio nazionale per la pastorale familiare della Cei, che ne è il coordinatore.


«È un lavoro di squadra.Attraverso il numero nazionale 0681159111 (attivo dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 19) e, per le persone con disabilità, attraverso l’indirizzo e-mail  pastoraledisabili@chiesacattolica.it – spiega – vengono messe a disposizione le competenze di 309 operatori di 63 consultori, collegati con i 3.600 centri di ascolto Caritas che, in seconda battuta, entrano con la propria rete nel progetto». A promuovere l’iniziativa sono infatti l’Ufficio nazionale guidato da p. Vianelli, il Servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità e la Caritas italiana, in collaborazione con la Conferenza dei consultori familiari di ispirazione cristiana (Cfc) e l’Unione consultori italiani prematrimoniali e matrimoniali (Ucipem).


L’idea «è nata in tempo di Covid-19 – prosegue Vianelli – verso la fine del lockdown, da un’intuizione soprattutto dei consultori familiari, molti dei quali durante la chiusura avevano aperto una finestra di ascolto telefonico. La riflessione si è focalizzata sulla proposta di un paio di consultori siciliani di una piattaforma che, garantendo la privacy degli interlocutori, potesse essere spazio di ascolto, counseling e accompagnamento. Lavorando insieme, poi, si è strutturato il progetto, che ha coinvolto il Servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità e della Caritas». Si tratta – spiega il sacerdote – di uno spazio di ascolto a 360° con rilevanza nazionale, non di un percorso terapeutico, che aggancia il territorio. Una volta rilevati i problemi delle famiglie, si cerca di trovare una soluzione oppure si invia, secondo i diversi bisogni, ai consultori vicini in zona, alla Caritas o al Servizio per le persone con disabilità. Reti che si intrecciano proficuamente. Questo il punto di forza».


Tra le difficoltà esposte dalle famiglie «problemi relazionali acuiti dalla reclusione, che ha però mostrato come il nucleo, pur sottoposto a stress, abbia tenuto meglio di quanto si potesse pensare; la necessità di rileggere con qualcuno l’accaduto e ridefinire i ruoli educativo/genitoriali; bisogni di tipo economico, la gestione dei bambini e soprattutto dei disabili, che hanno subito lo stress e le fatiche maggiori».
Parola d’ordine: semplificare. Oltre al numero unico nazionale, ogni consultorio della rete è stato dotato di un proprio numero di telefono dedicato. L’auspicio di p. Vianelli è che tutti i consultori Cfc e Ucipem aderiscano al progetto: «così si potrebbe creare una piattaforma nazionale condivisa con un numero verde e consulenti in grado di un ascolto professionale a livello nazionale per indirizzare ai servizi più idonei e vicini sul territorio».