33ª domenica tempo ordinario Lc 21,5-19

 
 

– Gesù esorta alla perseveranza –

a cura di Mons. Sergio Salvini –

L’anno volge al termine e la liturgia ci fa riflettere sulla prima parte del discorso escatologico di Gesù. Nell’imminenza della sua Pasqua, Egli pronuncia una parola autorevole sulla fine dei tempi e sull’evento che ricapitolerà la storia: la venuta nella gloria del Figlio dell’uomo, preceduta da segni che i discepoli devono saper comprendere con avvedutezza.

Colpisce lo sguardo che Gesù ha sul tempio, invece per “alcuni” la veduta è diversa: ammirano «le belle pietre e i doni votivi». Il Signore ne vede con sguardo profetico la fine ormai vicina. Le costruzioni e realizzazioni, anche le più «sante» dell’uomo, sono destinate a finire, perché non sono esse a dover trattenere la nostra attenzione, ma Gesù che viene, di cui queste realtà sono soltanto un segno. Interrogato dai discepoli sui tempi e i segni della fine dei tempi, Il Signore esorta i suoi – e noi – a saper discernere.

Questo, come opposizione all’inganno: «Molti verranno nel mio nome dicendo: “Il tempo è vicino”». La scena della storia, e in essa anche lo spazio religioso ed ecclesiale, ospita la comparsa di «falsi profeti», sempre pronti ad arrogarsi titoli che non competono loro. Li smaschera un indizio: essi non hanno «i modi di Gesù Cristo», il Messia, venuto per servire e non per essere servito, ma vogliono dominare sugli altri a proprio comodo.

Il cristiano è chiamato a resistere alle lusinghe di questi impostori, pronunciando con decisione il proprio «no» e ricordando la parola di Gesù: «Non seguiteli!»… così risalta invece il suo invito: «Seguitemi!».

Gesù ammonisce a leggere guerre e catastrofi naturali senza cedere alla paura: si tratta di eventi storici che riguardano l’umanità di ogni tempo e che egli menziona non per allarmare, ma per rivelare «le doglie del parto» che travagliano la creazione, la quale va verso un fine datole da Dio, verso la terra e i cieli nuovi del Regno. La vita cristiana non è questione di una stagione, ma richiede perseveranza fino alla fine: il cristiano è colui che persevera nell’amore, continuando a compiere il bene tra gli uomini, anche a costo della propria vita.

Questa pagina di vangelo non tratta della fine del mondo, ma del nostro oggi: la nostra vita quotidiana è il tempo della beata perseveranza.

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Chiudendo la Porta santa al termine del Giubileo della misericordia, in diocesi, viviamo la gratitudine per il dono della misericordia di Dio in Cristo Gesù. Educati dalla Misericordia, diveniamo a nostra volta educatori dell’uomo nella sua totalità.

La parola di vita, è la carità. Nell’ora presente, dinanzi alla bancarotta dell’individualismo, si impone imperioso il dovere di riaffermare l’ideale cristiano dell’amore.