30ª domenica tempo ordinario Mt 22,34-40

 
 

– A cura delle Clarisse di Santa Chiara in Santa Maria di Roasio

– Gesù rivela il volto del Padre –

In questo brano del Vangelo di Matteo si affronta la terza controversia che non ha però l’intonazione di una disputa, perché si focalizza su un insegnamento fondamentale di Gesù circa la legge e i profeti. Lo scriba che lo interroga per metterlo alla prova è presentato come portavoce di un gruppo di farisei.
Per i contemporanei di Gesù era difficile rispondere a questa domanda, visto che anche nelle scuole giudaiche si discuteva per stabilire una graduatoria tra i numerosi comandamenti: secondo la documentazione scritta, infatti, a partire dall’inizio del III secolo, ammontavano a 613, di cui 365 erano proibizioni e 248 precetti positivi. Si cercava perciò di precisare quale fosse il principio unificatore. Il comandamento di Dio era già considerato perno di tutta la legislazione mosaica ed era ben noto ad ogni ebreo, perché incluso nella preghiera quotidiana dello Shemà (Dt 6,4-7). Tuttavia, secondo la tradizione giudaica, ogni altro precetto aveva lo stesso valore e comportava un medesimo obbligo morale di obbedienza.
Gesù, invece, pur riaffermando la priorità del precetto dell’amore di Dio, ne vuole rivelare il volto di Padre, che non si presenta per punire le trasgressioni: i comandamenti restano, ma sono la via migliore per vivere bene e costruire il suo Regno fatto per noi!
L’evangelista sottolinea infatti la connessione tra il comandamento dell’amore di Dio e quello “simile” dell’amore per il prossimo, collocando i due precetti ormai sul medesimo piano (vv. 38-39), quale ricapitolazione di tutta la legge e dei profeti (v. 40). Questo nesso strettissimo tra i due comandamenti costituisce un elemento caratteristico di tutto l’insegnamento di Gesù, come emerge dalla regola d’oro nel discorso della montagna (7,12). Il suo annuncio assume una valenza totalmente nuova rispetto a sentenze analoghe riscontrabili nel giudaismo, perché non limita il concetto di “prossimo” solo ai correligionari e al proprio gruppo di appartenenza, ma lo estende ad ogni essere umano, prescindendo da razza, cultura e religione.
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A questo punto non può che sorgere una domanda: noi, oggi, siamo davvero capaci di amare ogni essere umano?
Teoricamente sì e anche ideologicamente, ma san Giovanni nella sua prima lettera (cfr. 4,10) ricorda innanzitutto che Dio ci ha amati per primo, tanto da apparire in mezzo a noi rendendosi visibile in Cristo Gesù; ed Egli, volgendosi contro se stesso, ci ha rialzati per salvarci nell’amore vero, che è la sua forma più radicale… Dio non può ordinarci un sentimento che non possiamo suscitare in noi stessi. È Lui che ci ama e ce lo fa sperimentare suscitando una risposta di amore corrispondente…
Sempre attuale è, per ciascuno di noi, ciò che ci trasmette Francesco di Assisi nel suo Testamento, dichiarando di essersi convertito alla fede quando riconobbe il Dio di Cristo nel lebbroso: accolse e abbracciò in quel volto di uomo pieno di dolore il volto stesso di Dio.
Sembra davvero eloquente, per concludere, anche il pensiero di Hans Urs Von Balthasar nel suo libro Solo l’amore è credibile: «Se Dio vuol manifestare l’amore che nutre per il mondo, bisogna pure, però, che il mondo sia in grado di conoscerlo… Quando la mamma per giorni e settimane intere ha sorriso al suo bambino, giunge il giorno in cui il bambino le risponde con un sorriso. Essa ha destato l’amore nel cuore del bambino e il bambino svegliandosi all’amore, si sveglia alla conoscenza… Come nessun bambino si sveglia all’amore se non è amato, così nessun cuore umano può destarsi alla comprensione di Dio senza il libero dono della sua Grazia».