28ª domenica tempo ordinario Lc 17,11-19

 
 

– Restiamo in relazione con Gesù –

a cura di Mons. Sergio Salvini –

Guariti ma ingrati! Potremmo dire così, leggendo il Vangelo di questa settimana.
Da sempre, il male in genere, crea distanze talvolta incolmabili. Molti malati, nel corpo e nello spirito, ancora oggi debbono gridare forte per farsi ascoltare, perché emarginati dal consorzio civile e, qualche volta, anche dalle nostre chiese.

Il grido dei dieci lebbrosi del Vangelo risuona come un’intensa preghiera: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi». In quel grido è accomunato il gemito dei sofferenti del mondo, la sofferenza degli emarginati, di tutti coloro che per farsi sentire da qualcuno debbono urlare. Per loro e nostra fortuna, l’udito e la sensibilità di Cristo sono infinitamente più acuti dei nostri. Gesù li vede, anche se distanti, e rivolge subito loro un messaggio di speranza: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». Erano loro che, secondo la legge, dovevano attestare l’avvenuta guarigione.

Mentre vanno, si accorgono di essere già guariti; uno solo però, uno straniero, sente immediatamente il bisogno di tornare indietro per lodare Dio e gettarsi, in atteggiamento di doverosa gratitudine, ai piedi di Gesù.

Da questo passo evangelico emergono due grandi insegnamenti per noi: non possiamo, come spesso accade, rifiutare la mediazione sacerdotale per avere la certezza del perdono di Dio; assolvere e sciogliere spetta al sacerdote. La gratitudine a Dio, poi, è un sacrosanto dovere che mai dobbiamo tralasciare, perché tutti siamo stati «guariti» e «salvati» da Cristo redentore.

La salvezza è trovare il Signore, un punto di riferimento, un orientamento. La salvezza è soprattutto rimanere in relazione, nella relazione con Gesù. Non è un caso che si sia trattato di uno straniero. Lo straniero vive come un mendicante, non ha nulla. Per questo è aperto. Per questo è grato e comprende quello che riceve. Per chi invece vive in superficie, tutto è scontato, banale. Addirittura dovuto. Quante persone oggi non sanno più ringraziare, dimenticandosi dei benefici ricevuti.

Forse il segreto di questo episodio, è il rimanere forestiero, straniero, sorpreso dalla parola che Dio ci rivolge. La fiducia in Dio, l’abbandono umile a Lui e al suo Amore non è quantificabile, è una dimensione della vita spirituale che fa riferimento assoluto a Lui solo. Non è in vendita. È un dono di Dio che non dipende dalle nostre qualità e doti personali.

In ogni eucaristia, che è rendimento di grazie, preghiamo affinché possa esserci dono di salvezza anche per ciascuno di noi, perché nelle relazioni sananti che intrecciamo nella nostra esistenza possiamo dire e sentirci dire: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

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«Perché non credi? Non sai tu che la fede viene prima di tutto? Quale contadino infatti può mietere se prima non ha affidato il seme alla terra? E chi può attraversare il mare, se prima non si affida alla nave e al pilota? Quale ammalato può essere guarito se prima non si affida al medico?»

(Teofilo di Antiochia, Ad Autolico I, 7).