III domenica di Pasqua Lc 24, 35-48

 
 

–  cura di Mons. Sergio Salvini –

I due discepoli, ritornati subito dopo l’esperienza di Emmaus, raccontano agli Undici e a quelli che sono con loro ciò che è accaduto lungo la via e come hanno riconosciuto Gesù nello spezzare il pane.

Il Signore che compare lì, in quel preciso momento e dona la «pace » dà prova della sua risurrezione. Nell’augurio di pace Egli fa capire ai suoi che disegnare la storia – anche di oggi – senza la pace è grido di morte perché, per sua natura, la pace è sinonimo di vita nuova.

La vera pace non si può perdere né vendere né comprare, perché non  è “nostra” ma un dono di Dio.
Gesù chiede ai discepoli qualcosa da mangiare per convincerli che non è un fantasma e alla fine spiega loro il senso delle Scritture. Ecco la prova più grande della risurrezione: il confronto con la parola dei profeti che l’avevano predetta.

Come le altre verità rivelate, la risurrezione si illumina e diventa credibile nell’insieme della fede e del Mistero di Dio rivelato in Cristo: ogni aspetto della fede è un elemento in un tutto armonioso; sradicato dal complesso, diventa incomprensibile; come si potrebbe parlare dell’Eucaristia fuori dal contesto dell’incarnazione, della risurrezione o della Chiesa?

Bisogna dunque approfondire il mistero cristiano, ricordando che una fede ridotta a pochi brandelli difficilmente può stare in piedi e resistere alle difficoltà.
Oggi, come ieri ai discepoli, siamo invitati a rinnovare la fiducia e a conservare come un tesoro prezioso la Parola di Dio nella sua Scrittura. È indicazione preziosa che conferma Giovanni: «Chi invece osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto». Questa è l’arma per convincerci della forza straordinaria della sua resurrezione.

Sì sono parole semplici e umili, che non hanno la forma di prodigi straordinari, ma possiedono una profondità unica, perché sono vere e di salvezza. Con la sua Parola Gesù si fa presente fra noi e ci comunica la forza della sua resurrezione.

Non basta sapere, non basta conoscere, bisogna incontrare Gesù, e noi lo possiamo fare ogni volta che egli ci parla. Ecco il Vangelo. Poiché è Gesù Cristo, è persona, oggi ha bisogno dei nostri piedi e delle nostre mani, ha bisogno della nostra umanità piena – carne ed ossa – per correre nel mondo. La potenza dello Spirito che Gesù ha promessso renderà possibile le conversioni e le vite nuove ma lo Spirito e la Sposa-Chiesa devono essere insieme nell’evangelizzazione, nella testimonianza e nell’invocazione.

La Chiesa non deve cercare e predicare lo straordinario ma, con la sua ordinarietà fatta straordinaria dal Vangelo, deve farsi testimone con i gesti e con i passi di Cristo Gesù.
Quando i nostri gesti non sono quelli di Gesù e i nostri passi percorrono le vie mondane, il Vangelo resta chiuso, sigillato e il mondo prigioniero delle sue stesse catene. Ricordiamoci che Gesù le ha spezzate “a caro prezzo”.
* * *
«Chiesa, cammina povera, cioè libera! Spoglia di oro e di argento, sull’esempio del tuo Signore, che tu non abbia altra ricchezza se non quella del Vangelo da portare ai piccoli e ai poveri. Vocazione alla tua sequela, alla tua parola, alla tua comunione. Solo Cristo è la via, la verità, la vita» (Paolo VI) .