Una “Giornata di preghiera per i cristiani perseguitati” promossa dalla Cei

 
 

Sono oltre 100.000 le persone in fuga dai territori iracheni conquistati dai miliziani dell’autoproclamato Califfato islamico. Gli Usa intervengono con bombardamenti e lancio di aiuti agli sfollati. In Siria, intanto, continua nel silenzio un immane genocidio

Mentre la situazione in Medio Oriente continua ad essere più che incandescente e altri focolai di violenza stanno esplodendo nel Nord Africa, una “Giornata di preghiera per i cristiani perseguitati” è stata organizzata dalla Cei (Conferenza episcopale italiana) per venerdì 15 agosto 2014, solennità della Beata Vergine Assunta. In quei giorni, esattamente dal 14 al 18 agosto, il Santo Padre si troverà in viaggio in Corea del Sud per la VI “Giornata della gioventù asiatica”.
Prima di menzionare ennesime barbarie – solo le ultime in ordine di tempo – ci preme sottolineare che le persecuzioni sono anche di stampo ideologico, come la triste notizia che il governo di Pyongyang impedirà a qualsiasi cattolico della Corea del Nord a presenziare alla messa che papa Francesco presiederà il 18 agosto a Seoul. Mentre lo scorso giovedì 31 luglio 2014 in Tibet il mondo buddista sfidava le severe ingerenze della Cina con l’intronizzazione del nuovo Penor Rinpoche (uno dei grandi maestri della scuola Nyingma), nell’ormai sbandato Iraq le incursioni dei miliziani facenti capo all’autoproclamato Califfato islamico sono continuate senza pietà. Dopo la cacciata dei cristiani da Mossul, è stata la volta di Sinjar con la caduta di altre comunità religiose, come gli appartenenti alla minoranza Yazidi.
Alle poche decine di cristiani rimasti in alcuni villaggi è stata ingiunta l’imposta di capitolazione (jiyza), mentre nelle chiese sono state rimosse le croci e dati alle fiamme i testi sacri. La sete di potere e di denaro dell’Islamic State ha portato alla conquista di Zummar, una delle tre città irachene (insieme a Sinjar e a Wana) della piana di Ninive dove i cristiani avevano provato a cercare rifugio.
L’avanzata prepotente degli jihadisti ha avuto ripercussioni anche con il Kurdistan che, seppur spalleggiato dall’aviazione di Baghdad, ha subìto pesanti perdite. La resistenza, infatti, si è scontrata con la furia del Califfato con la presa di altre località in cui si erano riparati i cristiani: Qaraqosh, Bartella, Kramles e Talkief. Da fonti giornalistiche, inoltre, si è appreso che centinaia di ragazze e donne appartenenti alla minoranza irachena degli Yazidi sono state fatte prigioniere dai miliziani. Oltre 100mila persone, prive di ogni cosa ed effetto personale, intanto, sono in “ritirata” nelle zone per il momento al sicuro della regione autunoma del Kurdistan; altrimenti, nonostante i terreni impervi e senza il necessario nemmeno per vivere, si vedranno costretti a ripiegare verso il confine turco. Nella giornata di giovedì 7 agosto, dopo alcune prime smentite iniziali, è stato ufficializzato il “via libera” da parte del presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama, di raid mirati sulle postazioni jihadiste e di contestuali lanci aerei di aiuti umanitari (cibo e medicine) per gli sfollati.
Con la reale minaccia di veder presto esteso il Califfato nel vicino Libano, il Patriarca caldeo di Baghdad, Louis Raphael I Sako, ha voluto alzare la “voce” scrivendo al Pontefice, ai Patriarchi d’Oriente e alle Conferenze episcopali affinché si prenda coscienza della situazione drammatica e si attuino «azioni concrete e di solidarietà». Della pulizia etnica in atto nel nord dell’Iraq ha parlato anche Nickolay Mladenov, inviato dell’Onu a Baghdad, definendola «una tragedia umanitaria» che desta estrema preoccupazione.
Con i “riflettori” del mondo puntati principalmente sull’altrettanto dolorosa situazione nella striscia di Gaza, sembra scemare di “interesse” l’altro vergognoso e silente genocidio in corso da oltre tre anni in Siria (era il marzo del 2011). Anche dalla città di al-Hasakeh «i cristiani se ne sono andati in massa lasciando le loro case e le loro terre», ha dichiarato Jamil Diarbakerli, presidente dell’organizzazione assira democratica in Siria, all’agenzia internazionale Aki-Adnkronos, giustificando la fuga «perché temono la minaccia degli estremisti islamici» e il ripetersi «dell’incubo di quanto accaduto a Mossul».

Giorgio Morera
(7 agosto 2014)

Sono oltre 100.000 le persone in fuga dai territori iracheni conquistati dai miliziani dell’autoproclamato Califfato islamico. Gli Usa intervengono con bombardamenti e lancio di aiuti agli sfollati. In Siria, intanto, continua nel silenzio un immane genocidio

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